Case popolari, Legnano punta su integrazione e custode sociale
Il comune di Legnano sta mappando la situazione abitativa per capire chi nella Città del Carroccio abbia bisogno di una casa e le possibili soluzioni
A Legnano c’è per tutti il proverbiale tetto sopra la testa? Tra case private, case popolari, housing sociale, contributi per il sostegno alla casa e tutte le sfumature che ne derivano le opzioni non mancano, ma certamente questo non basta a rispondere alla domanda, e non solo per la crisi economica innescata dal Covid-19 che si fa sentire con prepotenza.
A complicare la situazione c’è infatti anche la procedura introdotta nel 2016 dalla Regione per l’assegnazione degli alloggi pubblici, che non prevede più il classico schema composto da bando, graduatoria e successive assegnazioni in base alla disponibilità degli immobili. Ora infatti si passa per una ricognizione periodica delle abitazioni disponibili per ogni area territoriale da parte del comune capofila che poi apre un unico bando, a partire dal quale per ciascuna unità immobiliare si forma una graduatoria utilizzabile una e una sola volta. Fare in punto della situazione, in soldoni, è più facile a dirsi che a farsi.
Il primo passo in questa direzione però Palazzo Malinverni l’ha già fatto dando il via ad un’analisi che, incrociando i dati che arrivano dai diversi uffici coinvolti, punta a mappare la situazione abitativa di Legnano e di conseguenza capire chi abbia bisogno di una casa. Per i numeri precisi bisognerà aspettare il termine delle verifiche che sono tuttora in corso, ma intanto una prima fotografia è già emersa e parla di 30mila unità immobiliari destinate ad abitazione in città: un patrimonio che sulla carta sembrerebbe più che sufficiente a garantire un tetto sopra la testa a tutti i nuclei familiari, che in città sono circa 26mila, ma come è facile intuire la variabili in gioco sono tante. Tra queste all’incirca 21mila fanno da abitazione principali ai proprietari, 3mila sono affittate, 2.500 sono sfitte e 1.200 sono invece abitazioni pubbliche, 800 circa delle quali sono in capo ad ALER mentre più o meno la metà è di proprietà del comune. Più della metà delle case popolari gestite da Palazzo Malinverni sono occupate da nuclei familiari composti da una o due persone, spesso di età avanzata e circa il 90% del totale è occupato da italiani.
C’è poi il capitolo legato all’housing sociale, una formula che nella realtà dei fatti comprende un ventaglio piuttosto ampio di situazioni e non solamente quelle di chi per diversi motivi si trova improvvisamente e temporaneamente senza casa come si potrebbe pensare. Le forme di residenzialità temporanea legata a situazioni di fragilità sociale a Legnano sono due: il dormitorio, dove si cena, si dorme e di fa colazione ma non si passa la giornata, e l’appartamento, spesso in coabitazione tra più nuclei familiari, la cui assegnazione è subordinata all’accettazione di un percorso di riabilitazione diversificato in base alle problematiche da affrontare. In tutto sono una quarantina i nuclei familiari attualmente ospitati e non ci sono particolari criticità legate a carenze di spazi.
A queste due soluzioni si affiancano il senior housing, che fornisce abitazione ed una serie di servizi di supporto agli over 50, e la nuova formula che l’amministrazione punta a sviluppare alla ex Accorsi in Canazza: un housing potenzialmente duraturo nel tempo e destinato a nuclei familiari comunque in grado di sostenere un canone di affitto per quanto calmierato, senza limiti legati ad una specifica fascia di età e con alcuni servizi in comune. In città potrebbe farsi strada anche il cohousing, ovvero appartamenti separati ma con una serie di servizi in comune: è questo infatti il pianto di sindaco e giunta per la ex caserma di via dei Mille sei il bando nazionale per la qualità dell’abitare premierà Legnano.
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Insomma, a Legnano le soluzioni non mancano ma l’obiettivo dell’amministrazione è comunque quello di fare un passo in più, in primis ristrutturando subito gli alloggi quando rimangono vuoti per reimetterli immediatamente in circolo ma non solo. «Dobbiamo cercare di mappare la presenza di stabili “semipubblici”, ovvero di edilizia convenzionata, che non siano pienamente utilizzati – spiega il vicesindaco e assessore ai servizi sociali Anna Pavan -: per poter comprare casa in questo tipo di stabili, siccome sono stati costruiti con un beneficio pubblico, bisogna rientrare in determinati parametri di reddito e si è spesso verificata una situazione un po’ paradossale per cui escludendo le fasce ritenute troppo basse o troppo alte nel range di reddito dei potenziali destinatari non si trovavano acquirenti».
In piazza San Magno si pensa anche alla figura del custode sociale, con un supporto significativo da parte della Polizia Locale per far passare il messaggio che la sicurezza è prima di tutto prevenzione ma non far comunque mancare un supporto di autorità. «La situazione negli stabili pubblici di Legnano è migliore rispetto a quella di molti altri territori ma qualche problematica, soprattutto di convivenza civile, in alcuni edifici c’è – aggiunge l’assessore alla partita -: per questo vorremmo provare ad introdurre il custode sociale, magari partendo con uno o due esperimenti. Si tratta di una figura che non abita nell’immobile ma è comunque presente in modo assiduo, quasi quotidiano, e in questo modo può restituire un quadro della situazione e individuare eventuali nuclei familiari che necessitino di interventi ma anche e soprattutto innescare dei meccanismi di responsabilizzazione tra i residenti».
Ultimi tasselli l’integrazione e gli alloggi sfitti. «La linea che vorremmo adottare, anche se non avrà un impatto a breve termine, è quella di uscire dalla logica per cui nelle case comunali vengono raggruppate le situazioni problematiche – conclude Anna Pavan -: vorremmo favorire un’integrazione diversa garantendo un mix tra i residenti, ma di sicuro non sarà semplice visto anche l’alta percentuale di case di proprietà. Lavoreremo poi per capire se c’è margine per avviare percorsi di riutilizzo degli alloggi sfitti facendo incontrare domanda e offerta e per stilare insieme ad ALER un protocollo per un uso interscambiabile delle abitazioni, che favorirebbe soprattutto il cambio di alloggio per chi si è già visto assegnare una casa ma ha necessità di cambiare».
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