Il giorno e la storia – 6 gennaio 1941, la prima Befana Fascista in tempo di guerra
Ma perché Befana Fascista? E perché dal 1928?
«La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte…»
Tante ora sono le iniziative di associazioni varie per la giornata dell’Epifania a favore dei bambini con il dono di dolciumi e qualche giocattolo. Ma era così anche in tempo di guerra? Anche a Legnano? Cosa contenevano i pacchi e a chi erano destinati? A tutti i bambini o solo adalcuni?
Qualcuno si ricorderà della “Befana Fascista” che era stata inventata dal Regime già nel 1928. Il fascismo aveva messo in risalto il ruolo femminile nell’ottica della guerra di espansione territoriale: il coronamento della vita di ogni donna veniva fatto coincidere con l’essere madre di numerosi balilla moschettieri, futuri soldati. O nonna, dispensatrice di cure, consigli e doni per le nuove generazioni di piccoli fascisti. E la Befana incarnava questo ruolo di nonna amorevole.
Ma perché Befana Fascista? E perché dal 1928? «Bene, negli Anni Venti tutto questo c’era, – ci spiega Nicola Graziani – come c’era un regime che aveva distribuito qualche randellata di troppo per pretendere di essere ritenuto tollerante. C’era bisogno di un restyling, di avviare quella politica di consenso delle masse che durerà per un altro decennio ancora, se non più. E qui il regime ebbe un’intuizione al limite del geniale: sfruttare le debolezze della situazione per tirarne fuori una poderosa arma propagandistica. L’Italia dell’epoca, si ricordi, era la Grande Proletaria. Insomma, era povera in canna, tra i paesi più arretrati e contadini d’Europa. Ora, è proprio a questo tipo di pubblico che Mussolini si rivolge con generosa intuizione, a fine di creazione del consenso. Dare un regalo ai bambini, fare contente le mamme e fare sua anche l’unica donna d’Italia al cui fascino egli avrebbe resistito volentieri: la Befana».
Fu un giornalista, Augusto Turati, allora segretario del Partito Nazionale Fascista, ad avere l’idea e lanciarla su scala nazionale: il Fascio Femminile si sarebbe occupato di confezionare i pacchi che sarebbero poi stati distribuiti il 6 gennaio nelle Case del Fascio, nelle scuole, nei dopolavori, dando l’impressione che «la nuova Età dell’Oro era iniziata, e benignamente il regime a tutti dava, secondo i bisogni di ciascheduno. Con queste premesse, non poteva che essere un successo epocale».
Ma da chi arrivavano i doni? E in cosa consistevano? Come tante altre volte ci vengono in aiuto i registri di classe scritti dalle maestre e dai maestri delle scuole elementari legnanesi.
«3 dicembre 1940. Occorre prendere iniziative nel campo assistenziale: a proposito il signor Direttore [A. Franchino] autorizza la raccolta di indumenti nuovi o usati da far pervenire al gruppo “Renato Falzone” per la Befana fascista, e la raccolta o confezione di indumenti da offrire per la giornata della Madre e del Fanciullo al Centro Materno» (scuole Mazzini).
«21 dicembre. Il Vice Comandante della G.I.L. [Gioventù Italiana del Littorio, con sede in via Milano] ha mandato una circolare in cui comunica che quest’anno l’organizzazione della Befana Fascista è affidata alla G.I.L. e invita gli insegnanti e far opera di propaganda perché i bimbi diano il maggior contributo possibile alla riuscita di questa manifestazione di solidarietà fascista verso i più poveri» (scuole De Amicis).
«3 gennaio 1941. Per la Befana Fascista furono offerti i seguenti indumenti usati, ma in buone condizioni e puliti: due soprabiti per bimbe, due paia di pantaloni, una giacchetta, un paio di scarpe, due grembiuli, due maglie, una camicia, due giubbetti» (scuole Mazzini). «Per la Befana Fascista le bimbe hanno offerto parecchi giocattoli, sacchetti di biscotti e caramelle, libri, calze di lana. Oggi i doni sono stati mandati alla G.I.L.» (scuole De Amicis).
«5 gennaio. Per iniziativa della R. Direttrice [Raminga Bigoni] gli alunni sono stati invitati a portare qualcosa da donare agli alunni poveri che hanno il padre o qualche parente richiamato, affinché a nessuno di essi manchi la sorpresa tanto attesa del dono della Befana. Sono contento di poter dire che tutti hanno dimostrato generosità e fraternità» (scuole Carducci).
E arriva finalmente il giorno della distribuzione presso il comando della G.I.L., i dopolavori aziendali della SAIE, delle Officine Gianazza e della Franco Tosi, le varie sedi del Gruppo Rionale Fascista, la palestra delle scuole Mazzini, alla presenza delle autorità e dei parenti: «6 gennaio. Ricevono il dono della Befana soltanto le alunne che hanno il Babbo militare o squadrista, o quelle appartenenti a famiglie indigenti» (scuole Mazzini). «Le alunne che hanno i babbi o i fratelli richiamati ricevono un pacchetto di frutta e dolci offerta da tutti i compagni in occasione della Befana, che ha voluto quest’anno ricordare in particolar modo i bimbi che hanno i loro cari lontani per adempiere al loro dovere di soldati e di difensori della Patria» (scuole Cantù).
Un futuro da soldati per i maschietti e madri di soldati per le femminucce… Sarà per questo che quando il Regime contribuiva acquistando giocattoli (con i soldi “donati” da commercianti ed industriali “sensibilizzati”) si trattava quasi sempre di fucili di legno e di bambole???
Renata Pasquetto
FONTI: Diari di classe delle scuole elementari gentilmente messi a disposizione da Alberto Centinaio, che ne conserva copie fotostatiche presso il suo archivio personale
– Nicola Graziani, “La Befana fascista compie 90 anni (ma l’idea non fu di Mussolini)”, 2018
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