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Il giorno e la storia – Il Centro Maternità e Infanzia

Nella testimonianza di Eleonora Pelliciari il concetto dell'epoca: "La donna doveva essere moglie, la donna doveva essere madre"

Il giorno e la storia - Il Centro Maternità e Infanzia

3 gennaio 1941 – Centro Maternità e Infanzia
di Eleonora Pelliciari

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L’immagine della donna durante il periodo fascista si connotava principalmente per due elementi: la donna doveva essere moglie, la donna doveva essere madre. Mentre si aspettava il raggiungimento di questo obiettivo, le bambine e le ragazze del regime si preparavano a tale compito, sostenendo le iniziative del partito. Ne è d’esempio l’annotazione tratta dal diario di una maestra delle scuole elementari Mazzini, in cui si legge:
«3 gennaio 1941. Nel campo assistenziale le mie alunne confezionarono i seguenti indumenti da offrire al Centro Materno nella Giornata della Madre e del Fanciullo: 12 cuffiette di lana rosa o celeste; 7 paia di scarpine di lana; 4 giubbetti; 2 camicini; 1 bavaglino, un giocattolo. Offerti oppure alcuni indumenti usati: 3 cuffiette, 6 camicini».

Il “Centro Assistenza Maternità Principi di Piemonte”, sito in via Marconi (spazio oggi occupato dal punto ristoro ”Il giardino” nei pressi del parco della biblioteca di Legnano) era diventato operativo dal primo dicembre 1931 e la sua sottoscrizione aveva coinvolto personalità note in città (come Settimia Candiani, Rosetta Agosti, Antonio Bernocchi), enti locali (Banca di Legnano) e le industrie cittadine (Cotonificio Cantoni, Ditta De Angeli-Frua). Il Centro Materno si era inserito sotto la giurisdizione dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia (ONMI), un’istituzione creata nel 1925 che si sarebbe dovuta occupare della protezione e dell’assistenza di tutte le madri e dei fanciulli bisognosi. Con qualche difficoltà iniziale, adattando le strutture già esistenti create dagli industriali locali, i Legnanesi si erano adoperati nell’organizzazione di corsi di puericoltura, di forme di assistenza gratuita e di raccolte fondi che spaziarono dalle eleganti cene a Palazzo Littorio, alle raccolte di salvadanai dei bambini delle famiglie più agiate e, dal 1933, all’annuale Giornata della Madre e del Fanciullo, ricordata anche dalla maestra.

In quell’occasione, istituita dal regime il 24 dicembre, le madri legnanesi ricevevano premi di nuzialità e natalità o di buon allevamento durante una cerimonia in loro onore al Teatro cittadino (oggi Teatro Tirinnanzi), sulle note di cori di Balilla e Piccole Italiane. Così, si cercava di rinsaldare il controllo dello Stato sulla maternità, trasmettendo l’idea di una donna in quanto madre prolifica, il cui valore era calcolato in base al numero dei figli, e in quanto moglie felicemente reclusa nella sfera domestica – nonostante di fatto, soprattutto in una città dal forte carattere industriale come Legnano, le esigenze economiche la portassero spesso al di fuori di essa.

Seguiva un pranzo offerto alla Mensa materna di via Vittoria e infine scambio di doni e panettoni al Centro Materno di Via Marconi. Un programma che si ripeteva ogni anno e che ogni anno metteva in mostra quanto le strutture locali dell’ONMI fossero sfruttate sia per condizionare l’immagine sociale della donna, sia per contenere i primi disordini da parte delle operaie, nonché per propagandare quanto le strutture fasciste fossero in grado di aiutarle. Ma più che di aiuto, si deve parlare di controllo.

Defascistizzato, il Centro Materno rimase in funzione fino al 1975, anno in cui il Sistema Sanitario Nazionale interpretò l’assistenza come un diritto fondamentale di tutti i cittadini e la maternità come una scelta individuale di ogni donna.

Eleonora Pelliciari

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Pubblicato il 03 Gennaio 2021
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