Il giorno e la storia – Nonno Pino, il destino in un treno perso e mitragliato dagli anglo-americani
Nono Pino vivo solo grazie a nonna Genia, che proprio quella mattina gli aveva fatto perdere il treno mitragliato dagli nglo-americani
27 dicembre 1944 – Nonno Pino: quelle mattine in cui sei in ritardo…
Ci sono quelle mattine in cui non vorresti alzarti per andare al lavoro, quelle mattine in cui anche se hai puntato la sveglia non la senti. E se la moglie non ti chiama ti arrabbi con te stesso, con la sveglia e anche con la moglie.
Questo è successo in una mattina del ‘44 a mio nonno Pino. Si chiamava Giuseppe ma tutti lo chiamavano Pino. Era nato e vissuto a Legnano, dove risiedeva, ma lavorava come impiegato alle fonderie L.I.A.S.A. di Cavaria, che raggiungeva con il treno da Legnano.
Poteva essere diversa la sua vita: aveva trovato in precedenza impiego in un’azienda che costruiva automobili. L’ing. Della Valle, progettista delle vetture, aveva preso in simpatia mio nonno al punto da proporgli di metter su insieme un’azienda: nel 1935 stavano per fare il “grande passo”, mio nonno con moglie e figlia di sei anni si è trasferito a Milano dove l’ingegnere aveva già aperto sede legale ed uffici e appena la fabbrica fosse entrata bene in produzione avrebbe coinvolto nonno Pino non solo come semplice contabile. Ma la tubercolosi si è portata via l’ing. Della Valle in pochi mesi. Finito tutto. Tornati a Legnano e trovato un altro impiego, a Cavaria. E mia mamma ha sempre pensato «se non fosse morto l’ingegnere forse sarei stata io la “sciura” Agnelli… e invece…»
E invece nonno Pino prendeva, da bravo pendolare, ogni giorno il suo treno a una data ora sulla linea verso Varese e si ritrovava con gente salita a Legnano o nelle stazioni precedenti o successive sempre sulla seconda carrozza, dove le chiacchiere e le partite a carte rendevano piacevole il viaggio. Si era creato un bel gruppo di amici pendolari.
Quella mattina era in ritardissimo. Nonna Genia (Eugenia, ma tutti la chiamavano Genia) forse non aveva sentito nemmeno lei la sveglia o forse non si era accorta dell’ora, fatto sta che non l’ha svegliato in tempo. Accidenti! Salta giù dal letto! Letteralmente, era altissimo il letto. Niente colazione! E la Genia che senza volere ti intralcia! Vestiti di corsa, metti la cravatta col nodo già fatto per risparmiare tempo, inforca la bicicletta e arriva in stazione. Appena in tempo.
Già, appena in tempo… per veder partire il treno!
Una sensazione che chi è pendolare come me conosce bene. Ti arrabbi, soprattutto se il ritardo non dipende del tutto da te, soprattutto se vedi il treno partire. E per mio nonno soprattutto anche perché il prossimo treno non ci sarebbe stato a breve. E di arrivare in ritardo al lavoro non gli capitava quasi mai e lo faceva sempre sentire molto a disagio.
Quella sera però, tornando a casa, nonno Pino era pieno di gratitudine nei confronti della sveglia e della moglie che intralciandogli involontariamente i movimenti da ritardatario gli aveva fatto perdere il treno.
Non so se la data è proprio quella, ma è successa la stessa identica cosa: «27 dicembre 1944. Ferrovie Milano-Varese. Mitragliamento da parte di caccia anglo-americani del treno da Milano in direzione di Varese. Risultato: 26 morti e 170 feriti» (da Franco Giannantoni, “Fascismo, guerra e società nella Repubblica Sociale Italiana. Varese 1943-1945”, Franco Angeli, 1994).
La seconda carrozza era stata mitragliata e nonno Pino aveva perso un po’ di amici di viaggio.
Era vivo e non era ferito solo grazie a nonna Genia, che proprio quella mattina gli aveva fatto perdere il treno.
Renata Pasquetto
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