Il giorno e la storia: don Mauro Bonzi, un prete nell’inferno di Dachau
Le testimonianze tratte dal libro di Saverio Clementi “Don Mauro Bonzi. Un prete nell’inferno di Dachau” che ci parla di«un uomo generoso nello spendersi per gli altri, esempio per ciascuno di noi»
Legnano gli ha dedicato una piazza. Queste sono le testimonianze tratte dal libro di Saverio Clementi “Don Mauro Bonzi. Un prete nell’inferno di Dachau” che ci parla – come scriveva l’allora sindaco Lorenzo Vitali – di «un uomo generoso nello spendersi per gli altri, in una missione educativa e formativa che ha reso la sua vita testimonianza ed esempio per ciascuno di noi.»
Luigi Botta, allora Presidente (ora Presidente Onorario) dell’ANPI di Legnano.
«Un giorno entrai nella Cappella del Clero nel cimitero di via Magenta. Ci ero stato altre volte in quanto molti di questi sacerdoti li avevo conosciuti personalmente. Quel giorno però entrando mi girai d’istinto verso destra, come se qualcosa mi obbligasse a farlo, e mi trovai a fissare una lapide con la semplice scritta: “Don Mauro Bonzi. Vittima di Dachau”. Mi sorpresi a riflettere e ne uscii con la convinzione che fosse giusto ricordare questo nostro concittadino, sconosciuto ai più, e che, in qualche modo, toccasse a me farlo. Ebbi, insomma, la sensazione di aver ricevuto un mandato, anche se di don Bonzi conoscevo poco o nulla. Sapevo solo che era morto per i patimenti e le malattie poco tempo dopo la sua liberazione dal lager.»
Cardinale Dionigi Tettamanzi, allora Arcivescovo di Milano.
«Don Mauro Bonzi è stato l’unico sacerdote ambrosiano deportato in un campo di sterminio durante la Seconda guerra mondiale. Possiamo considerarlo a tutti gli effetti una vittima del nazismo in quanto, anche se tornò in Italia nel maggio del 1945, morì due anni dopo stroncato da una grave forma di tubercolosi contratta durante la prigionia.
Il ministero del sacerdote legnanese si svolse essenzialmente in ambito educativo, prima nei Seminari diocesani e successivamente come rettore del Collegio Arcivescovile Pio XI di Desio. E’ qui che fu arrestato nell’aprile 1944 per avere nascosto armi all’interno del collegio e operato a favore dei partigiani. Non sappiamo quanto ci sia di vero in queste accuse. E’ certo che don Bonzi si assunse responsabilità non sue al fine di proteggere i suoi confratelli. Il sacerdote occupa perciò, a pieno titolo, un posto nella schiera di quei “ribelli per amore” che sacrificarono la loro vita per aver privilegiato la solidarietà in un momento storico dominato dalla sopraffazione e dal disprezzo verso ogni valore umano.»
Professor Giorgio Vecchio, Docente di Storia contemporanea e Direttore del Dipartimento di Storia dell’Università degli Studi di Parma.
«Per la sola Lombardia mi è occorso di schedare i nomi di ben 168 preti arrestati, dei quali 14 vennero deportati nei lager germanici. Nella nostra regione furono 8 i preti uccisi, tutti per mano nazifascista. Don Mauro Bonzi è il nono, anche se la sua morte è collocata temporalmente due anni dopo la fine delle ostilità.»
Saverio Clementi, giornalista, ex-direttore del settimanale cattolico Luce della Diocesi di Milano.
«Il 15 gennaio 1904 vide la luce il piccolo Mauro Savino Antonio Bonzi, figlio di Giuseppe Bonzi e di Teresa Annunciata Roveda. La famiglia risiedeva nel popoloso rione di Legnanello e Mauro era il terzo figlio.
Il 2 giugno 1928 venne ordinato presbitero dal cardinale Eugenio Tosi nel Duomo di Milano. A questo punto iniziò per lui un lungo periodo di ministero come formatore dei futuri preti diocesani. L’arrivo di don Mauro Bonzi al collegio di Desio coincise con lo scoppio della guerra.
Ma veniamo ai fatti. Il 29 aprile 1944, a seguito di un atto di imprudenza compiuto da qualcuno, una minuziosa ispezione all’interno del collegio Pio XI da parte della milizia fascista portò al rinvenimento di armi. Da una memoria scritta di don Mario Alberti “vi trovarono non poche armi, il Rettore don Bonzi si assunse personalmente ogni responsabilità e, quindi, fu messo in carcere”.Pochi giorni dopo- il 26 giugno- don Mauro Bonzi riacquistò la libertà in seguito a un’ordinanza del tribunale speciale per la difesa dello Stato, assolto in istruttoria per non aver egli commesso il fatto.
Il sacerdote non rientrò a Desio: scelse di rifugiarsi a Legnano, ospite dei familiari. Il ritorno a casa, tuttavia, non doveva durare molto poiché il 19 agosto fu nuovamente arrestato e ricondotto a San Vittore “perché si atteggiava martire della persecuzione fascista, costituendo un pericolo permanente per gli interessi della Repubblica”.
A partire da quel momento gli eventi si succedettero con estrema rapidità. Nel sesto raggio di San Vittore [il carcere di Milano] gli venne assegnato il numero di matricola 3054 e fu rinchiuso nella cella 58. Il suo nome si trova nell’elenco degli oltre 250 deportati che il 7 settembre 1944 lasciavano San Vittore diretti a Bolzano. Il 5 ottobre, racconta don Bonzi “fummo caricati su vagoni (70-80 uomini) alle ore 15 per partire l’indomani alle 8, con una razione di panenero e margarina”. Dopo un viaggio durato ben tre giorni, interrotto da una sosta a Monaco, il folto gruppo di deportati partito da Bolzano, fece il suo ingresso nel campo di Dachau.»
Don Mauro Bonzi
«Quante giovani vite ho visto spegnersi, consunte dai morsi invisibili delle sofferenze morali non meno che dalla insufficiente e pessima alimentazione!
Chiusi alla meglio nei nostri poveri panni logori e bisunti, ce ne stavamo sgranando Rosari e preghiere per i nostri fratelli e per i nostri persecutori. Ai laici era interdetta la frequenza alle funzioni religiose. Di nascosto portavamo la S. Eucaristia nelle altre baracche a conforto dei morenti e a sostegno dei lavoratori che la chiedevano. Sentire i loro dolori, dividere con loro qualche fetente zuppa e incoraggiare la loro resistenza, era il massimo che si potesse fare, privi come eravamo tutti di ogni cosa necessaria.
Nei giorni 26, 27, 28 aprile il Comando locale doveva eseguire l’ordine di Himmler di farci evacuare il campo e di massacrarci lungo le strade. Nessuno doveva sopravvivere per testimoniare le crudeltà naziste. Ben cinque volte noi italiani fummo chiamati per l’adunata e la distribuzione dei viveri prima della partenza, Circostanze impreviste per la stessa SS impedirono l’evacuazione. Ricordo tra l’altro l’arrivo di un numero fortissimo di evacuati da altri campi minori. Coi vivi giungevano carri sovraccarichi di cadaveri. Gli americani dovevano trovarne l’indomani al crematorio circa tremila.»
Renata Pasquetto
FONTE TESTO E IMMAGINI: Saverio Clementi, “Don Mauro Bonzi. Un prete nell’inferno di Dachau”, Editrice Monti, 2011 [presente nel Consorzio Bibliotecario Nord Ovest (Legnano) e Provincia di Varese (Castellanza). Per chi volesse averne una copia, sono ancora disponibili sia alla San Paolo Editrice (che ha acquistato il titolo dalla Editrice Monti), sia alla sede ANPI di Legnano aperta il mercoledì mattina e il sabato pomeriggio]
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