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Il giorno e la storia, Agosto 1943: una bomba cade a Legnanello

Il 13 agosto del 1943 una bomba cadde all’incrocio tra via Galvani e via Moscova intorno alle due di notte e fu una tragedia

Il giorno e la storia

Il 13 agosto del 1943 una bomba cadde all’incrocio tra via Galvani e via Moscova intorno alle due di notte e fu una tragedia. Le vittime ufficiali furono esattamente trenta con parecchi feriti. Tragica la sorte dei figli della famiglia Totè: morirono nello scoppio quattro dei sei figli della coppia. Interamente distrutta la famiglia Marnati. Da due interviste a Francesco Crespi e a Carla Marinoni, rilasciate ad Alberto Centinaio che ringraziamo per averci messo a disposizione i documenti del suo archivio privato, un racconto dei fatti di 77 anni fa.

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Intervista a Francesco Crespi: «Avevo quindici anni. In quel periodo noi giovani cominciavamo a essere stanchi della vita che facevamo: c’era il coprifuoco, si lavorava tutta la settimana e in più al sabato c’era la pre-militare. Io qualche volta non ci andavo, così una mattina i fascisti sono venuti a prendermi per portarmi in prigione, in via Calatafimi. Per fortuna alla sera mi hanno lasciato andare.
Poi c’erano i bombardamenti. In piena notte suonava l’allarme, bisognava alzarsi e scappare nei campi. Io vivevo con tre donne: nonna, mamma e zia; nessun uomo, perché erano tutti a fare il militare.
Ricordo il bombardamento del 13 agosto 43: quella notte ho sentito tanti aerei, poi ho visto come un lampo, doveva essere un razzo, e la zona di Legnanello illuminata a giorno. Sono corso in casa a prendere mia nonna anziana e in quel momento è scoppiata la bomba. Quando al mattino sono andato sul posto c’era un disastro, non so descriverlo. Eravamo giovani, si era spensierati, non immaginavamo: un uomo senza braccia, un altro schiacciato contro un cancello, straziato. Questa era la guerra, purtroppo.»

Intervista a Carla Marinoni: «L’esperienza fu drammatica. Ricordo il suono delle sirene nel pieno della notte. Mia madre che ci invitava a vestirci in fretta e che rimproverava mia sorella che invece se ne voleva restare in casa.
Come al solito e per nostra fortuna non ci fermammo come molti altri appena fuori dalle abitazioni ma ci recammo più lontano nella campagna circostante, dietro il dopolavoro della Cantoni. Poi ricordo, prima dello scoppio, un bagliore che illuminò il cielo sopra di noi, il sibilo della bomba ed infine il tremendo boato. Noi eravamo ad una distanza di circa 500 metri e non eravamo in molti perché, come dicevo prima, la maggior parte della gente preferiva stare vicino alle proprie case e quindi fermarsi in un prato a ridosso dell’abitato. Fu la loro sfortuna.
Una volta che ci fummo ripresi dallo spavento, pensammo di ritornare alla nostra casa tra gente che piangeva disperatamente.
Mio padre, non essendo più in età per prestare il servizio militare, faceva il pompiere volontario e durante l’allarme non era con noi. Ci cercammo e una volta ritrovati si mise a piangere. Ci riaccompagnò a casa e continuava a dirci di guardare avanti senza girare la testa perché lungo la strada c’erano morti a destra e a sinistra. Ricordo che tre corpi erano appoggiati alla recinzione della Cantoni. Una famiglia con quattro figli, di cui uno piccolissimo, fu praticamente distrutta (foto sopra, la famiglia Totè, ndr).
Il giorno dopo eravamo ancora sotto shock anche perché con il ritorno della luce si vide in tutta la sua drammaticità l’effetto della bomba sui corpi della gente. Fu uno spettacolo drammatico che non potrò mai scordare.»

Renata Pasquetto

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Pubblicato il 12 Agosto 2020
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