Paolo Alli: “Il coronavirus è stato l’undici settembre del mondo”
Così l'ex presidente legnanese dell’Assemblea Parlamentare NATO chiude una lunga e dettagliata analisi sul futuro dell'Europa, pubblicata nei giorni giorni dalla testata online Il Riformista
«Il coronavirus è stato l’undici settembre del mondo». Così il legnanese Paolo Alli, ex presidente dell’Assemblea Parlamentare NATO ed esponente di primo piano del Fondazione Alcide De Gasperi, chiude una lunga e dettagliata analisi sul futuro dell’Europa, dalla sfida al Coronavirus al modello di governo contro i sovranismi, pubblicata nei giorni giorni dalla testata online Il Riformista.
Dalla sfida della pandemia l’Europa uscirà rafforzata o distrutta? Questa è la vera domanda, secondo Alli, anche perché «se ne sono rese conto subito le istituzioni comunitarie, Parlamento, Commissione e Banca Centrale. Se oggi siamo arrivati alla proposta dell’asse Berlino-Parigi (ancora una volta, che rimpianto che Roma non sia a quel tavolo solo per propria inettitudine) di un Recovery Fund da 500 miliardi, una mossa che fino a qualche settimana fa ben pochi si aspettavano, significa che il realismo sta cominciando a prevalere. Si tratta di una decisione che finalmente evoca, come suggerisce acutamente Manfred Weber, lo spirito dei Padri Fondatori. E, ancora una volta, Ursula Von del Leyen rilancia subito a 1000 miliardi, dimostrando innegabile coraggio e determinazione. Sono decisioni che disegnano finalmente un panorama destinato – lo spero vivamente – a non dare più spazio a nazionalismi e populismi, togliendo finalmente la benzina che ne alimenta il motore».
«Sono sempre stato profondamente ottimista – spiega Alli- e sono certo che l’Europa non potrà che essere rafforzata dalla comune sfida al coronavirus. Anche se le nostre comuni radici giudaico cristiane, ben chiare nella testa e nel cuore di De Gasperi, Adenauer e Schuman, sono state colpevolmente ignorate nella scrittura della costituzione europea, resta il fatto che esse, integrate dalle tradizioni liberali e socialiste, hanno plasmato quel modello di economia sociale di mercato che si pone esattamente a metà strada tra l’individualismo liberista americano e il collettivismo statalista cinese (e, ahimè, russo). Difendere questo modello significa difendere, nel mondo intero, la libertà e la democrazia. Quella democrazia che, come disse Churchill nel lontano 1947, è il peggior modello di governo, eccezion fatta per tutte le forme sperimentate finora. Questa è oggi la responsabilità storica dell’Europa, il compito che solo il vecchio continente può svolgere nel mondo».
«Negli ultimi anni – la sua conclusione – avevo spesso detto a me stesso e a pochi amici che, per ricondurre alla ragione il mondo, sarebbe servita un’altra guerra mondiale. E’ successo un fatto molto peggiore, è accaduto che la sicurezza di ogni uomo sulla Terra è stata messa a repentaglio da un nemico invisibile e sconosciuto. Il coronavirus ha avuto sul mondo l’effetto psicologico che l’attacco alle Torri Gemelle aveva avuto quasi vent’anni fa sul popolo americano, che aveva visto, per la prima volta, la propria sicurezza messa improvvisamente in discussione. Il coronavirus è stato l’undici settembre del mondo. Vent’anni fa fu compito degli Americani ricostruire la propria fiducia nel futuro. Oggi, sta a noi non sprecare l’occasione positiva che, come a partire da ogni grande crisi, ci è posta davanti».
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