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Jurinovich: «Il tema della cardioprotezione non trova spazio»

Sono passati 15 anni dall'installazione dei primi due Dae sul territorio e nonostante le continue campagne di sensibilizzazione il tema della cardioprotezione fatica a prendere il piede

Prima installazione del Dae a Cerro Maggiore

Sono passati 15 anni dall’installazione dei primi due defibrillatori semiautomatici, ma nonostante le continue campagne di sensibilizzazione il tema della cardioprotezione fatica a prendere piede. Basti pensare che dopo oltre un decennio sono stati installati solo 350 apparecchi nell’Alto Milanese e, soprattutto, la riforma della defibrillazione pubblica, approvata nel 2019 dalla Camera, è ancora ferma in Senato.

È deluso, ma non scoraggiato, il presidente di SessantamilavitedaSalvare Altomilanese, Mirko Jurinovich, che oggi, giovedì 7 maggio, ricorda l’inaugurazione dei primi due Dae: «Uno fu installato al centro commerciale “Move In” di Cerro Maggiore, l’altro venne dato in dotazione alla Polizia Locale di Cerro Maggiore che lo mise sulla sua vettura di servizio. Gli agenti della Polizia Locale e il personale della sicurezza del “Move In” furono i primi cittadini “laici”, ovvero non sanitari, ad essere formati all’uso del defibrillatore semiautomatico. Una vera rivoluzione, visto che fino ad allora questo apparecchio era presente solo nei reparti ospedalieri e nelle strutture decentrate dell’Azienda Ospedaliera di Legnano. Questo momento rappresenta l’inizio della “fase 2” del Progetto Cuore sviluppato dall’Azienda Ospedaliera di Legnano che, seguendo i dettami della legge 120 del 2001, dopo aver formato il personale infermieristico, prevedeva il coinvolgimento dei cittadini nella rete di soccorso alle persone colpite da arresto cardiaco».

Ma, come ricorda Jurinovich, dopo un inizio promettente che aveva visto anche il coinvolgimento degli istituti scolastici e l’impegno della sanità pubblica, l’entusiasmo si è spento ed «è toccato alle associazioni del territorio raccogliere il testimone per la diffusione dei defibrillatori».

Dopo anni di lavoro l’associazione di Jurinovich è riuscita a coinvolgere numerosi comuni e realtà, ampliando la rete sul territorio. Oltre ai corsi di formazione è stata sviluppata anche un’app per permettere ai cittadini di individuare i dae più vicini al luogo dell’emergenza. Eppure, il tema continua a trovare poco spazio nell’agenda politica del Governo e nell’opinione pubblica. «Anche a livello nazionale, dopo la legge 120 del 2001, tutto si è bloccato – sottolinea Jurinovich – e nonostante l’introduzione dell’obbligo di dotazione dei defibrillatori negli impianti sportivi (2013) abbia quadruplicato la sopravvivenza (passata in Lombardia dal 22 all’88%), le 60.000 morti annue, con 200 vittime al giorno, sono inspiegabilmente considerate “accettabili” dall’opinione pubblica e dalla politica e non sollevano lo stesso allarme sociale provocato dai morti per Covid-19. Anche il disegno di legge che prevede la riforma della defibrillazione pubblica tramite la liberalizzazione dell’uso del defibrillatore e la realizzazione di campagne mediatiche informative, dopo la rapida e unanime approvazione alla Camera, è fermo in Senato dal settembre 2019».

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Pubblicato il 07 Maggio 2020
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