Cerro Maggiore “difende” il progetto per il Polo Baraggia: “Stiamo uniti, no alle divisioni ideologiche”
Mentre il “Comitato no discarica” si prepara a scendere in piazza per raccogliere firme contro il progetto per il futuro del Polo Baraggia, Palazzo Dell'Acqua torna a difendere la proposta per il recupero ambientale dell'area

Mentre il “Comitato no discarica” si prepara a scendere in piazza domenica 30 marzo per raccogliere firme contro il progetto ai blocchi di partenza per il futuro del Polo Baraggia, l’area a cavallo tra Cerro Maggiore e Rescaldina oggetto di tante battaglie contro l’allora discarica negli anni ’90, Palazzo Dell’Acqua torna a difendere la proposta per il recupero ambientale della zona messo a punto insieme alla società proprietaria dell’area.
«Le divisioni ideologiche sono dannose e rinnoviamo ancora una volta la disponibilità a spiegare al comitato il protocollo d’intesa ed i nostri obiettivi – sottolinea l’amministrazione comunale di Cerro Maggiore -. L’esperienza ci ha insegnato a non aspettare gli eventi, ma a prevenire i problemi. Basti pensare a quello che è successo a Busto Garolfo e Casorezzo, dove Città metropolitana ha deciso di approvare l’apertura di una discarica in un parco sovracomunale con buona pace per l’attenzione all’ambiente. E anche in quel caso Cerro Maggiore ha dimostrato di essere contrario a progetti di discarica, infatti ci costituimmo nei procedimenti giudiziali contro Città metropolitana nonostante non fossimo un Comune confinante. Proprio quella battaglia ci ha insegnato molto, soprattutto a non aspettare le procedure di cui non abbiamo il controllo».
«Il Comune non ha il potere di approvare progetti di recupero ambientale, perché sono competenza esclusiva di Città metropolitana – aggiungono Nuccia Berra e i suoi -. Ma la particolare situazione in cui ci siamo trovati, con l’incertezza sull’esito dei processi seguiti dalle vittorie, ci ha permesso di instaurare un dialogo con l’operatore e creare le condizioni di reciproco rispetto essenziali per arrivare a sottoscrivere un protocollo d’intesa molto restrittivo, come il recupero ambientale in base al Decreto Gentiloni».
Palazzo Dell’Acqua torna anche a difendere la scelta di optare per il riempimento per materiali come terre, rocce di scavo e materiali assimilabili che rispettino comunque i valori di concentrazioni soglia di contaminazione nel suolo e nel sottosuolo stabiliti per i siti ad uso commerciale ed industriale indicati nella cosiddetta colonna B dal Testo Unico Ambientale.
«L’ampliamento di Conad potrebbe potenzialmente garantire materiale conforme a “km 0”, senza traffico e senza inquinamento – spiega l’amministrazione comunale -. Inoltre le politiche di riduzione di consumo di suolo imposte da Città metropolitana e le opportunità offerte dalla “rigenerazione urbana” decise da Regione Lombardia fanno sì che il mercato delle terre rocce da scavo e materiali inerti conformi alla tabella B sia reperibile a dispetto della tabella A, che si immagina di poter reperire solo in presenza di grandi opere pubbliche su terreni vergini, ma come hanno dimostrato i fatti nemmeno la Pedemontana ha garantito materiale sufficiente per recuperare quell’area. Infatti il precedente progetto si è concluso con la richiesta di una discarica di rifiuti speciali non pericolosi. E, giusto per chiarezza, nel nuovo protocollo d’intesa questa possibilità è vietata a caratteri cubitali e l’operatore ha accettato questa condizione. Lasciamo la politica fuori dalla porta e siamo pragmatici, razionali su queste grandi questioni. Per noi politicamente lo scopo era, è e sarà evitare che ci fosse una nuova discarica, e per farlo serve, la forma, quindi gli atti amministrativi, ma anche la sostanza e quindi il buco deve essere veramente chiuso con materiali controllati, restrittivi e compatibili con il recupero ambientale».
Puntini sulle i anche rispetto ai controlli, che il “Comitato no discarica” ha “bollato” come «esclusivamente di tipo quantitativo e su carta». «I controlli ci sono e saranno di vario tipo – ribadisce l’amministrazione -. I materiali saranno controllati chimicamente e incrociati con i vari documenti di trasporto e fiscali. In più l’operatore avrà delle prescrizioni di monitoraggio che saranno verificate dal nostro geologo che potrà accedere in loco ed ai documenti per fare ulteriori controlli. Chiunque, compreso il Comune, avrà poi l’ulteriore facoltà di richiedere ad Arpa di controllare l’avvenuto monitoraggio e la regolarità dell’intera procedura. In definitiva questi materiali, come stabilisce la legge, dovranno essere controllati in origine e monitorati in loco per tutta la durata del riempimento e per i due anni dopo il termine delle attività. Da ultimo nella convenzione abbiamo aggiunto un articolo specifico per punire ulteriormente l’operatore, se dovessero manifestarsi situazioni di non conformità “dolosa” o “colposa”. Una norma unica nel suo genere».
«L’esperienza maturata nelle battaglie giudiziarie di questi anni – concludono da Palazzo Dell’Acqua, dopo aver incassato nei giorni scorsi anche il “no” al progettodella maggioranza al governo di Rescaldina -, la capacità dei nostri consulenti, la valutazione del costo opportunità di medio e lungo periodo ci ha spinto ad agire come fatto, nell’attesa che Città metropolitana si pronunci sull’autorizzazione. Per tutte queste ragioni chiediamo con forza di non sprecare le forze per dividerci, ma rinnoviamo la proposta al Comitato di incontrarci, per capire le opinioni reciproche al fine di stare uniti, perché questo argomento non ha colori politici ma un unico scopo: non rischiare di avere un’altra discarica, che il comitato allora e anche questa amministrazione, negli scorsi mesi, hanno combattuto».
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