In aula il processo per l’omicidio di Fabio Ravasio. Massimo Ferretti chiede la giustizia riparativa
Ferretti ha letto in aula una lettera scritta in carcere e indirizzata ai genitori di Ravasio, ai quali ha chiesto scusa e la possibilità di un futuro incontro
Ha preso il via lunedì 27 gennaio il processo per l’omicidio di Fabio Ravasio, il 52enne parabiaghese ucciso lo scorso 9 agosto in un agguato orchestrato in modo da far credere che l’uomo fosse stato investito da un pirata della strada poi datosi alla fuga. Otto gli imputati chiamati a rispondere del delitto, tra i quali Massimo Ferretti, che durante la prima udienza ha depositato richiesta di accesso alla giustizia riparativa «per riparare alle conseguenze del reato con un percorso di riconciliazione non solo con i familiari della vittima ma anche con il tessuto sociale – come ha sottolineato la sua difesa -, così da poter riparare in concreto, anche se in minima parte, a quanto fatto».
In aula Ferretti ha anche letto una lettera di scuse scritta in carcere, indirizzata ai genitori della vittima. «Credo non ci siano parole per lenire la vostra sofferenza – le parole dell’imputato -. Non oso neanche immaginare come ci si possa sentire nel perdere un figlio, perché sono padre anche io, e per quanto può valere vi chiedo scusa, con tutte le mie forze, con tutto me stesso, con tutto il fiato che ho in gola. Mi sto adoperando in ogni modo per recuperare più soldi possibili per cercare di risarcirvi il danno materiale; per quello dell’anima, io purtroppo posso fare poco. Vi chiedo, quando e se lo vorrete, di potervi incontrare: so che per voi sarebbe una sofferenza atroce, per me è l’unica possibilità per salvarmi. Da quando sono in carcere, sono tornato il Massimo di sempre, quello che tutti conoscevano, la persona incensurata e ligia alla legge, un persona perbene. So che per voi è impossibile crederlo, ma io sono questo Massimo: vi prego, datemi la possibilità di poterlo dimostrare anche a voi».
Sulla richiesta la Corte d’Assise di Busto Arsizio, presieduta dal giudice Giuseppe Fazio (a latere Marco Montanari), si esprimerà nelle prossime udienze. Intanto, però, per la richiesta è arrivata l’opposizione del pubblico ministero Ciro Caramore, che ha coordinato l’inchiesta, e dei legali che assistono i familiari di Ravasio. «Il senso dell’istituto della giustizia riparativa – ha sottolineato il sostituto procuratore – è quello di cercare di dare un significato al dolore delle vittime, è un istituto pensato per le vittime, non è nel senso più assoluto un beneficio premiale per l’imputato. È un percorso complesso, che per avere senso deve avere una lunga preparazione e non può essere posto in essere in assenza consenso vittime. Non credo che in questa fase l’istituto sia ammissibile, ritengo che sia decisamente prematuro».
Sulla stessa linea i legali delle parti civili, che hanno ribadito come ad oggi il consenso a questo tipo di percorso da parte dei loro assistiti non ci sia «Comprendiamo le parole dell’imputato, ma ancora di più comprendiamo il dolore di due genitori che perdono un figlio perché viene ucciso – hanno sottolineato gli avvocati -. Sarà un percorso lungo, ove mai loro dovessero piano piano elaborare un lutto così grave: adesso è veramente prematuro».
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