A Cerro Maggiore riparte l’iter per il recupero ambientale “anti-discarica” al Polo Baraggia
Dubbi sulla bozza di convenzione presentata in commissione a Cerro Maggiore dalla vicina Rescaldina, che non nasconde «stupore per il mancato coinvolgimento e condivisione di aspetti importanti»
Presentato in commissione a Cerro Maggiore il progetto per il recupero ambientale del Polo Baraggia, la voragine a cavallo tra Cerro Maggiore e Rescaldina lasciata dalla ex discarica che si era guadagnata a tutti gli effetti il ruolo di protagonista durante l’ultima campagna elettorale, quando l’allora amministrazione uscente di Nuccia Berra aveva alzato il sipario su una prima bozza di convenzione che aveva incontrato lo scetticismo di Rescaldina.
L’ombra del ritorno della discarica al Polo Baraggia
L’ombra del ritorno della discarica al polo Baraggia aveva iniziato ad allungarsi sui due comuni ormai quasi sei anni fa, quando a fine 2018 la ex Simec aveva presentato una Valutazione di Impatto Ambientale a Città Metropolitana per un progetto che prevedeva la realizzazione di una discarica controllata di rifiuti speciali dove avrebbero dovuto essere smaltiti in sette anni 2.153.000 metri cubi di rifiuti non pericolosi inorganici, ovvero, in parole povere, fanghi, scarti di lavorazione industriale e terre provenienti da attività di recupero.
Al progetto si erano da subito opposti i Comuni di Cerro Maggiore e Rescaldina puntando il dito soprattutto contro due aspetti. In primis l’accordo di programma di venti anni prima per il ripristino di adeguate condizioni ambientali e di riqualificazione territoriale del polo Baraggia: accordo le cui finalità non erano state completamente assolte e in base al quale non era prevista la possibilità di conferire altri rifiuti. Poi il fattore di pressione, criterio localizzativo per le discariche che punta ad evitare concentrazioni eccessive di rifiuti in base al rapporto tra il quantitativo di rifiuti e l’estensione del territorio, nell’ottica di tutelare l’ambiente e la salute pubblica pur garantendo un corretto dimensionamento delle aree adibite a discarica.
Le loro obiezioni erano andate a segno, con la città metropolitana che aveva ribadito i motivi ostativi al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale e di conseguenza aveva dichiarato improcedibile l’istanza di valutazione di impatto ambientale. Da lì si era aperto il fronte giudiziario: prima con il ricorso al TAR, depositato e a lungo rimasto senza una data per l’udienza che ora è stata fissata per il prossimo agosto, e poi nella aule della giustizia civile, dove Ecoceresc aveva chiesto un risarcimento danni “monstre” da 2,4 milioni di euro. Il Tribunale, però, aveva dato ragione ai due Comuni, che non avrebbero dovuto risarcire alcune danno ad Ecoceresc, la società che negli anni passati ha provato a far riaprire i battenti alla discarica.
Il progetto di recupero ambientale
Ora, sulle scia di quanto promesso in campagna elettorale, Cerro Maggiore ha portato la bozza di convenzione per il recupero ambientale del Polo Baraggia in commissione. «Un progetto ambizioso – spiegano dall’amministrazione comunale – che si prefigge in primis di riempire la depressione della ex Cava, “tombando” per sempre le idee di riapertura della discarica e, in secondo luogo, con sguardo lungimirante verso il futuro, proprio su quell’area che tanti problemi ha dato nel passato, vorremmo realizzare un impianto eco-sostenibile per la produzione di energia pulita, dopo la conclusione della prima fase».
«Questa convenzione – aggiungono da Palazzo Dell’Acqua -, ben più articolata di quelle passate, riporta in primo piano anche il tema delle compensazioni che la nostra comunità dovrebbe ottenere per aver sofferto la discarica per anni e anni, con i suoi nauseanti odori, i vapori e gli scontri per garantire la nostra sicurezza. E ancora, abbiamo preteso, come ben sancito nell’accordo di programma del lontano 1999, che ritornasse il vincolo del divieto di aprire nuove discariche».
L’intervento prevede il riempimento in dieci anni della cavità con terre, rocce di scavo e materiali assimilabili che rispettino comunque i valori di concentrazioni soglia di contaminazione nel suolo e nel sottosuolo stabiliti per i siti ad uso commerciale ed industriale (indicati nella cosiddetta colonna B) dal Testo Unico Ambientale, garantendo che la destinazione finale dell’area sia compatibile con quella prevista dal PGT, che la individua come area pubblica per la produzione di energia rinnovabile. L’intervento verrà monitorato, oltre che dagli uffici comunali, da un geologo appositamente incaricato dal Comune per da prassi per le attività di cava approvate da Città Metropolitana
Quanto alle compensazioni, invece, «è stato definito un sistema che garantirà al Comune un ristoro economico che potrà essere destinato a migliorare i servizi comunali o per realizzare nuove infrastrutture necessarie – sottolineano dall’amministrazione -. Lo stesso dicasi per il contributo annuale di manutenzione stradale che potrebbe essere attivabile a determinate condizioni, sottolineando che il percorso dei mezzi non dovrà impegnare le vie del centro urbano a pena di costose penali previste».
QUI LA BOZZA DELLA CONVENZIONE
I tempi dell’iter che permetterà di vedere andare in porto il progetto, però, non si preannunciano dei più brevi. Dopo la presentazione della bozza di convenzione in commissione, infatti, dovrà ora essere approvato l’atto di indirizzo in giunta, a valle del quale con ogni probabilità la proprietà presenterà una richiesta di permesso di costruire convenzionato. Il passaggio successivo sarà la convocazione di ufficio di una conferenza di servizi. L’autorizzazione conclusiva sarà poi portata in consiglio comunale per definire il permesso di costruire convenzionato. Se nel corso dell’iter comunale non arrivasse l’autorizzazione di Città metropolitana, inoltre, servirà anche un’istanza per l’autorizzazione del progetto da parte di Palazzo Isimbardi.
I dubbi di Rescaldina
La convenzione presentata in commissione da Cerro Maggiore ha suscitato, come era già successo nella primavera 2023, più di un dubbio nella vicina Rescaldina, l’altro Comune su cui insiste il Polo Baraggia, che parla di «convenzione capestro» e non ha peraltro nascosto «stupore per il mancato coinvolgimento e condivisione di aspetti importanti, come ad esempio la costituzione di una nuova società» per la realizzazione dell’operazione. Su tutti «l’apertura al riempimento con materiale in colonna B, che di fatto solleva il primo operatore dagli obblighi assunti con la prima convenzione».
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