Omicidio Ravasio, il piano per investirlo e la promessa di un appartamento ad ogni dei complici
Già tre mesi prima dell’omicidio Adilma aveva confessato a uno dei complici di non sopportare più il compagno esprimendo la volontà di ucciderlo
Aveva organizzato tutto con dovizia di particolari. Adilma Pereira Carneiro, la compagna di Fabio Ravasio che ha ordito un piano per uccidere il compagno, simulando un incidente stradale, era motivata principalmente da ragioni economiche e patrimoniali. Ma dai verbali degli interrogatori emerge anche quanto, da parte della donna, il rapporto tra i due fosse ormai giunto al limite della sopportazione. Già tre mesi prima dell’omicidio Adilma aveva confessato a uno dei complici di non sopportare più il compagno esprimendo la volontà di ucciderlo. In quella occasione aveva anche detto di volersi impossessare dei suoi beni. La donna, madre di 8 figli, aveva anche precedenti per droga. Dalle carte emerge un rapporto conflittuale con i figli maggiori avuti da precedenti relazioni.
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Un appartamento per ognuno dei complici
Quando le intenzioni di ucciderlo si sono fatte più concrete ha coinvolto altri complici promettendo ad ognuno di loro un appartamento in una cascina di Parabiago in cambio della loro collaborazione. Il conto corrente di Adilma, secondo quanto dichiarato agli inquirenti, era però bloccato dal compagno, rendendo impossibile per lei utilizzare i fondi necessari per ristrutturare il casolare. La morte di Ravasio le avrebbe quindi consentito di effettuare questa operazione. «Ci propose, in cambio della nostra partecipazione all’omicidio, di regalarci un appartamento in una cascina, che si trova a Parabiago, vicino ad una rotonda – ha dichiarato Mirko Piazza ingaggiato per fare il “palo -. Lei ci disse che la cascina avrebbe dovuto essere ristrutturata. Ci riunimmo a casa di Adilma, in cucina, nel primo pomeriggio. Lei ci fece la proposta della quale ho parlato. Io ero l’unico senza casa del gruppetto. Tutti e tre accettammo di partecipare al progetto di omicidio».
Il piano
Il piano per l’omicidio prevedeva la simulazione di un incidente stradale. Ogni sera Fabio Ravasio rientrava da Magenta, dove gestiva una società di spedizioni, in bicicletta. Adilma era stata a trovarlo il pomeriggio del giorno dell’omicidio (9 agosto) proprio per accertarsi che fosse in ufficio con il suo solito mezzo di trasporto. Da quanto emerge dalle carte la donna viaggiava su una Bmw che al ritorno avrebbe guidato fino a Parabiago. Questo farebbe escludere la sua partecipazione come esecutrice materiale del delitto.
Tale compito era stato affidato Igor Benedito e Marcello Trifone, ai quali Adilma aveva messo a disposizione una Opel Corsa. L’auto era stata usata precedentemente dalla figlia di Adilma ed era rimasta ferma per un po’ di tempo.
Fabio Ferretti, gestore di un bar a Parabiago che con Adilma intratteneva una relazione, era invece uno degli organizzatori principali, si occupava di raccogliere informazioni cruciali sul passaggio di Ravasio attraverso Fabio Lavezzo e Mirko Piazza che svolgevano il ruolo di “pali.” Questi ultimi monitoravano i movimenti della vittima lungo il tragitto, con l’ordine di segnalare l’avvicinamento di Ravasio ai complici pronti ad agire. Anche se Lavezzo ha dichiarato di non avere mai dato tale segnale.
L’omicidio è stato premeditato con cura. Nei giorni precedenti al delitto si sono svolti diverso incontri per discutere le modalità di esecuzione. È stata anche avanzata l’ipotesi di rubare un’auto da usare nell’omicidio, ma poi Adilma ha deciso di mettere a disposizione la Opel Corsa. Benedito e Trifone si sarebbero dovuti mettere alla guida dell’auto per confondere le tracce. Successivamente, era previsto un nascondiglio per il veicolo, individuato in anticipo. E così è stato fatto. Fabio Ravasio è morto poche ore dopo essere stato investito e l’auto utilizzata per ucciderlo è stata trovata giorni dopo nella casa di Adilma.
La targa dell’auto era stata contraffatta per ostacolare il rintraccio, a dimostrazione di quanto il delitto fosse stato studiato nei minimi Adilma, pur non essendo materialmente coinvolta nell’esecuzione dell’omicidio, ha orchestrato ogni aspetto, dall’ideazione alla realizzazione, ricoprendo il ruolo di regista dietro questo tragico delitto.
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