Da Parabiago a Lione per la sostenibilità spaziale: Matteo Bonissi all’SG[France]2024
Matteo Bonissi, 24enne di Parabiago, ha partecipato come esperto in materia economica all'SG[France]2024 a Lione, organizzato dallo Space Generation Advisory Council
Da Parabiago a Lione per la sostenibilità spaziale. Matteo Bonissi, 24enne di Parabiago, ha partecipato come esperto in materia economica all’SG[France]2024 a Lione, organizzato dallo Space Generation Advisory Council (SGAC), che ha visto una settantina di studenti e giovani lavoratori al tavolo per confrontarsi alla ricerca di soluzioni in tema di sostenibilità spaziale, con l’obiettivo di individuare proposte tecnologiche, legislative ed economiche da sottoporre alla Commissione delle Nazioni Unite sull’uso pacifico dello spazio extra-atmosferico. E proprio la squadra coordinata da Bonissi ha vinto la competizione studiando l’impatto economico dei detriti e i possibili meccanismi di finanziamento delle missioni di rimozione.
Tra le soluzioni proposte dal team guidato dal giovane parabiaghese anche «due studi per individuare quali soluzioni tecnologiche conviene finanziare in base ai diversi tipi di detriti da rimuovere ed al tipo di tecnologia utilizzata, ed una tassa globale per finanziare le soluzioni contro l’inquinamento, sia esso di terra, mare, aria ed orbitale». Il progetto, peraltro, non è finito a Lione ma vede Bonissi e i cinque colleghi che hanno lavorato con lui tuttora all’opera per approfondire le soluzioni individuate.
«Al giorno d’oggi capita spesso di sentire la parola “sostenibilità” in molti ambiti, in particolare quello dell’uso delle risorse – spiega Matteo Bonissi -. Terra, acqua, aria, sono elementi fondamentali per la nostra vita, ed è fondamentale la loro preservazione. Esiste però una risorsa che pochi individuano come fondamentale, lo spazio. Ad oggi, una grandissima percentuale delle attività che svolgiamo nella nostra vita sono connesse a questo ambiente. Telecomunicazioni, agricoltura, trasporti, difesa, finanza, e molti altri settori beneficiano enormemente dalla possibilità di accedere allo spazio. Persiste però una grandissima minaccia al settore spaziale e, indirettamente, a tutta l’umanità: i detriti orbitali».
«Un detrito spaziale è un qualsiasi frammento in orbita – aggiunge Bonissi -. Possono essere generati in svariati modi, dalla separazione intenzionale di due oggetti (decoupling, in gergo tecnico), alla perdita accidentale di frammenti. Siccome questi oggetti viaggiano a velocità molto, molto elevate, quando si scontrano con altri oggetti in orbita l’energia dell’impatto genera un grande numero di altri detriti. Per facilità, possiamo immaginare questo processo come una reazione a catena nucleare. Anche in questo ambito esiste una “soglia” che rende la reazione autosostenibile, e ci stiamo velocemente avvicinando a questo scenario (definito in gergo “Sindrome di Kessler”), anche a causa dei test militari anti-satellite e dall’aumento dei satelliti in orbita, in particolare di costellazioni per le telecomunicazioni. Risolvere questo problema non è facile, in quanto si tratta di dover fisicamente rimuovere degli oggetti che viaggiano a velocità elevatissime evitando la creazione di ulteriori detriti, senza contare la difficoltà nel monitoraggio dei frammenti».
«A livello internazionale si sta iniziando a lavorare a risolvere questa minaccia – conclude il giovane parabiaghese -. Tecnologicamente parlando, sono in sviluppo diverse opzioni per la rimozione sia dei detriti di maggiori dimensioni, quali ad esempio satelliti in disuso oppure grosse componenti di razzi lanciatori) sia dei più piccoli. Più arretrato è invece lo spettro legislativo/regolamentare necessario per affrontare la minaccia, e praticamente inesistente è ad oggi l’estensione delle soluzioni economiche al problema, in particolare è molto sentita la mancanza di sistemi di finanziamento per le missioni di rimozione dei detriti. Risolvere il problema dei detriti orbitali è di fondamentale importanza per l’umanità. Noi stiamo facendo la nostra, piccola, parte, e ci auguriamo di poter contribuire al rendere il nostro futuro più sostenibile, anche nello spazio».
Foto di WikiImages da Pixabay
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