Il maggiore Laghezza sulle baby gang nel Legnanese: “Occorre un’azione corale e congiunta”
il Maggiore Pietro Francesco Laghezza ha parlato del fenomeno delle Baby Gang nel territorio dell'Alto Milanese in una serata promossa dal Rotary Castellanza: "Fondamentale il ruolo educativo e sociale"
Serata molto partecipata giovedì 21 marzo al Ristorante Dinner di Legnano per l’incontro con il Maggiore Pietro Francesco Laghezza sul fenomeno delle Baby Gang promossa dal Rotary Castellanza.
Oltre ai soci intervenuti numerosi con consorti e ospiti, anche la gradita presenza di illustri rappresentanti istituzionale sul territorio quali la dottoressa Anna Pavan, assessore alla Sicurezza Sociale nel Comune Legnano e la dottoressa Nuccia Berra, sindaco di Cerro Maggiore.
Il Presidente Zeni ha accolto i presenti in sala con le consuete comunicazioni rotariane senza dimenticare di ricordare i compleanni del periodo. DI SEGUITO LA RELAZIONE DELLA SERATA A CURA DEL ROTARY
Terminato il servizio della cena, il Presidente Nicola ha ripreso la parola per introdurci al tema della serata accennando il curriculum vitae del nostro relatore.
Il Maggiore Pietro Francesco Laghezza classe 1977, coniugato con due figlie, è laureato in giurisprudenza. Attualmente domiciliato in Legnano per ricoprire il ruolo di Maggiore RN spe nei Carabinieri, Comandante della Compagnia Carabinieri di Legnano dal settembre 2023 e già comandante: del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Avellino, del Reparto Operativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Avellino, della Compagnia Carabinieri di Saronno, del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Taranto, di plotone dell’11° Battaglione Carabinieri “Puglia” (ora Reggimento) dal luglio 2003 al novembre 2010, periodo durante il quale è stato frequentatore del corso per ufficiali in servizio permanente presso la Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma nell’anno 2009 e aiutante Maggiore/Capo Ufficio Comando in s.v. nell’anno 2006.
Dopo il benvenuto al nostro relatore, il Maggiore Laghezza prende la parola per introdurci nel tema che riguarda le baby gang e la microcriminalità sul territorio.
Argomento ampio e complesso, connesso con vari ambiti sociologici e strettamente intrecciato ad aspetti psicologici, le baby gang sono una forma di manifestazione patologica della devianza giovanile e riguardano un gruppo di tre o più individui per lo più minorenni o giovani al di sotto dei 24 anni che si vedono coinvolti in attività di criminalità non necessariamente penalmente rilevanti.
Le baby gang sono caratterizzate da una struttura organizzata, identificata con simbologie e denominazioni identificative.
Le principali attività criminali o devianti compiute dalle gang giovanili sono per lo più risse con percosse e lesioni anche significative, atti vandalici e conseguente disturbo della quiete pubblica.
Le tipologie riconosciute e identificate, riferisce il Maggiore Laghezza, sono di tre tipi: gruppi senza struttura dediti ad attività violente, gruppi che si ispirano a organizzazioni criminali italiane, gruppi che si ispirano a organizzazioni criminali estere. In questi ultimi gruppi c’è un tentativo di controllo del territorio e una metodica ripetitività dei reati commessi. In molti casi poi si affiancano attività sui social network per incrementare la diffusione e creare un seguito tra i minori.
Questi canali hanno finalità comunicative per esprimere spavalderia e grandezza e finalità celebrative per fare proselitismo. In tutto ciò è determinante la figura del leader che deve mostrarsi carismatico dimostrando aggressività, avere un importante seguito sui social e magari precedenti in istituti di pena.
La forza di questi gruppi di giovanissimi sta nella deresponsabilizzazione del singolo a favore di una protezione reciproca e l’atteggiamento più eclatante si manifesta con l’assoluta indifferenza e spregiudicatezza alle regole più elementari della civile convivenza.
Alla base di questo profondo disagio giovanile sta il deterioramento di un efficace modello educativo e la marginalizzazione di chi non si adegua o conforma a modelli precostituiti.
Il giovane ricerca quelle attenzioni che non ha ricevuto, quelle possibilità che la vita non gli ha offerto e che ritiene di non poter ottenere attraverso il contesto socio-familiare di provenienza.
Il decreto Caivano, convertito in legge nel 2023, impone pene più severe per porto abusivo di armi e per droga, prevede il divieto del cellulare per i giovani responsabili di violenze, vie più semplici e rapide per andare in carcere anche per i minorenni, possibilità per i detenuti over 18 violenti di essere trasferiti nei più severe carceri per adulti, daspo urbano per i maggiori di 14 anni, la presenza di più agenti sul territorio e il finanziamento per progetti e protocolli di supporto.
Quali sono dunque le proposte d’intervento? Occorre un’azione corale e congiunta, non soltanto a livello di forze dell’ordine ma da parte di tutte le componenti della società a cui viene demandato il delicato compito dell’educazione.
Fondamentali quindi il ruolo di scuola e famiglia, la creazione di progetti individualizzati, di piani di supporto alla genitorialità, l’individuazione di luoghi di aggregazione giovanile, la realizzazione di laboratori o attività in centri di aggregazione.
Il tessuto sociale deve essere organizzato e preparato a prevenire il degrado giovanile, e sono tutt’oggi molto attuali le parole di San Giovanni Bosco, con le quali il nostro relatore conclude la sua esposizione:” dalla buona o cattiva educazione della gioventù dipende un buon o triste avvenire della società”.
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