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“È stato il vostro bravo ragazzo”: 5 storie di “ordinaria violenza” nel Legnanese, per non dimenticare

Cinque storie di violenza dietro la porta di casa, cinque storie che ogni volta tutti hanno sperato di non dover ascoltare di nuovo, cinque storie che, purtroppo, non sono state le ultime

Femminicidio e violenza sulle donne generiche

“È stato il vostro bravo ragazzo”. Parole che sono state il grido di rabbia di Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, studentessa universitaria 22enne uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta. Parole che troppo spesso risuonano nei casi di femminicidio e più in generale di violenza contro le donne. La violenza sulle donne, però, non è cosa solo da “cattivi ragazzi”.

E per non dimenticare come, troppo spesso, la violenza si celi dietro la porta di casa, LegnanoNews, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ha deciso di ricordare cinque storie di violenza che hanno segnato il nostro territorio: cinque storie della porta accanto, cinque storie che ogni volta tutti hanno sperato di non dover ascoltare di nuovo, cinque storie che, purtroppo, non sono state le ultime.

Laura Lampugnani, 5 ottobre 1992

È il 5 ottobre 1992. Laura Lampugnani, 16enne di Legnano che studia Ragioneria all’Istituto Fermi di Castellanza, esce come tutte le mattine per andare a scuola. Esce di fretta, dimenticando il portafogli, sotto l’ombrello. Sarebbe dovuta tornare a casa per l’ora di pranzo, dopo le lezioni: a casa, però, Laura Lampugnani non ci tornerà più.

Il suo corpo sarà ritrovato in una radura fuori Gerenzano da un uomo che sta cercando funghi in pausa pranzo, che inizialmente la scambierà per un manichino salvo poi tornare sui suoi passi, rendersi conto che aveva in realtà di fronte il cadavere di una giovane donna e chiamare la Polizia.

Per il suo omicidio, preceduto da violenza sessuale, verrà arrestato Marco Letruria, un perito meccanico 35enne e all’epoca dei fatti disoccupato. Di lui Andrea Accorsi e Massimo Centini, nel libro “I grandi delitti italiani risolti o irrisolti”, diranno che era «alto, fascinoso» e «appariva educato, garbato e remissivo», pur avendo un precedente per atti osceni in luogo pubblico. Affetto da schizofrenia paranoide, il Tribunale lo giudicherà non imputabile e sconterà un lungo periodo di detenzione in un ospedale psichiatrico.

Annunziata Romeo, 22 luglio 2011

È il 22 luglio 2011. Annunziata Romeo, 65 anni, viene uccisa a pugni dal figlio Salvatore Madau nella sua stessa casa in piazza Achilli a Legnano. A scatenare la furia omicida del 40enne una pizza ai carciofi ordinata da lei e a lui poco gradita.

Quel figlio violento dalla casa della madre era già stato allontanato: a suo carico pendeva un provvedimento che gli vietava di avvicinarsi alla casa della donna, che aveva già picchiato in passato facendola finire in ospedale con trauma cranico e costole rotte.

Eppure in piazza Achilli Madau ci tornerà. E prenderà di nuovo a botte la madre, questa volta fino a toglierle la vita. Sarà lui stesso a chiamare i soccorsi, ma quando ormai, per la madre, non ci sarà più nulla da fare. Poi la confessione e, qualche mese dopo, la condanna in primo grado all’ergastolo.

Stefania Cancelliere, 27 giugno 2012

È il 27 giugno 2012. Stefania Cancelliere, informatrice farmaceutica 39enne e mamma di tre figli, muore nell’atrio del condominio di via Marconi a Legnano dove vive, per mano dell’ex marito, Roberto Colombo, medico oculista 59enne, che la massacra colpendola decine di volte con il mattarello: non accettava la fine della relazione e, soprattutto, che lei avesse un nuovo fidanzato

Inutili i soccorsi: la donna verrà portata all’ospedale in coma, e lì morirà dopo 16 ore di agonia.«Stefania mi disse la mattina del suo omicidio che lui l’avrebbe uccisa – racconterà poi il fratello della donna ai microfoni di Presa Diretta -: non feci a tempo ad arrivare a Legnano che era già successo».

Roberto Colombo sarà condannato a 17 anni di carcere: non era in trance e nemmeno incapace di intendere e di volere, stabiliranno poi i giudici, ma aveva agito con inusitata violenza e non si era fermato nemmeno di fronte alle urla della donna e alla presenza di testi oculari che gli intimavano di smetterla.

Simona Forelli, 17 dicembre 2017

È il 17 dicembre 2017. Simona Forelli, casalinga 33enne di Parabiago, viene uccisa dal marito Sadigue Zahir nel bagno di casa con tre coltellate al petto, a pochi metri dai due figli piccolissimi della coppia. A trovare il corpo della donna, sarà la madre di lei: i soccorsi, anche in questo caso, si riveleranno inutili.

Sarà lo stesso assassino, un’ora dopo l’omicidio, a consegnarsi ai Carabinieri presentandosi alla stazione di Parabiago. Anche questa volta si scoprirà che ad armare la mano del 35enne è stata la gelosia, l’incapacità di accettare la fine di una relazione. Una scelta che può costare dolore, ma non dovrebbe mai costare la vita.

Sadigue Zahir, nel processo con rito abbreviato davanti al GUP di Busto Arsizio, sarà condannato a 16 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato e abbandono di minore.

Carol Maltesi, 11 gennaio 2022

È l’11 gennaio 2022. Carol Maltesi, attrice hard 26enne di Rescaldina, viene uccisa dall’ex compagno Davide Fontana nel suo appartamento, in una casa di corte dove risiedevano entrambi: l’autopsia rivelerà che la donna è stata prima presa a martellate, poi sgozzata. Lei aveva un nuovo compagno e voleva iniziare una nuova vita lontano da Rescaldina, per stare più vicina a suo figlio.

Sarà lo stesso Fontana, più di due mesi dopo, alla notizia del ritrovamento del corpo della donna, a presentarsi in caserma a Rescaldina offrendo informazioni apparse da subito contraddittore. Messo alle strette dai Carabinieri, finirà per confessare l’omicidio e l’occultamento del cadavere, prima conservato in un congelatore appositamente acquistato e poi, una volta fatto a pezzi, gettato in un dirupo di montagna in Valcamonica dopo un primo tentativo di bruciarlo in un barbecue.

Davide Fontana in primo grado verrà condannato a 30 anni di carcere: la Corte d’Assise di Busto Arsizio non riconoscerà l’aggravante della premeditazione. Sia la Procura di Busto Arsizio che la difesa ricorreranno poi in appello: l’una per ribadire la richiesta di ergastolo, l’altra per rinnovare la richiesta di rito abbreviato chiedendo la diminuente del rito.

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Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 24 Novembre 2023
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