Il Palio di Dairago alza il sipario sui murales dell’edizione 2023
Presentati domenica 11 settembre i murales realizzati dalle contrade per la 21° edizione del Palio di Dairago
Entra nel vivo il Palio di Dairago, che dopo la il giuramento dei capitani e la sfilata di domenica 10 settembre da oggi, lunedì 11, fino a domenica 17 proporrà una settimana di giochi e sport e soprattutto di divertimento per grandi e piccini. Con l’avvio ufficiale della manifestazione, al ritorno in paese dopo lo stop dovuto alla pandemia e il “palietto” del 2022, si è alzato anche il sipario sui murales realizzati dalle quattro contrade per la 21° edizione dell’evento.
A MONDA
A Monda ha scelto di dedicare il suo murales, appositamente collocato all’uscita del parcheggio di un supermercato, alla denuncia di «fenomeno, quello dell’inquinamento, su cui l’uomo quotidianamente può incidere», come si legge nella spiegazione pubblicata sui canali social del Palio di Dairago.
«La scelta di sensibilizzare sulla tematica ambientale nasce dalla consapevolezza che per la nostra salute e per quella delle generazioni future è necessario un cambiamento di rotta repentino, forte, deciso poiché i cambiamenti climatici a cui assistiamo, come tsunami, desertificazione, alluvioni sono il segnale che le forze della natura incombono sulla fragilità umana – spiega la contrada -. Ecco allora che l’immagine, conosciuta universalmente della grande onda di Kanagawa, si impone all’osservatore del nostro murales ricordando il suo significato simbolico: la forza distruttrice della Natura, capace di annientare il mondo umano. L’imminente urgenza è rappresentata nell’opera dal grande sole rosso, colore volutamente scelto per raffigurare l’allarme e creare nell’osservatore un sentimento di ansia e preoccupazione, nonché riferimento alla nazionalità del pittore Hokusai».
«L’acqua e il sole sono da sempre elementi che richiamano il rinnovarsi della vita – prosegue la contrada -. Ogni volta che il sole sorge offre all’uomo un nuovo giorno insieme alla possibilità di cambiare e rinnovarsi; mentre l’acqua è l’essenza della vita che condividiamo con la Natura. Il salto della balena simboleggia il meraviglioso mondo naturale che dobbiamo proteggere e tutelare. Gli animali, a differenza dell’uomo, vivono in armonia con il proprio habitat e questo è rappresentato sia nella composizione armonica delle forme, evidente nel senso di continuità tra il movimento dell’onda e il salto arcuato ed elegante della balena, sia nella scelta di colori similari e saturi. Anche lo stile pittorico tra i due elementi è uniforme. Questo gusto pittorico facilita la comprensione del tema e si avvicina allo stile comunicativo delle giovani generazioni».
«Inoltre, la gradazione di colori utilizzati per il manto della balena aggiunge all’opera un senso di speranza e meraviglia che ritroviamo nella Natura – concludono da A Monda -. L’osservatore può percepire vissuti alterni: contrasto e armonia, forza distruttrice e speranza. Infine, la bottiglia esprime la pericolosità della plastica, il cui colore e consistenza appaiono innocui e simili all’acqua ma i cui danni sono stati ampiamente descritti sopra. Siamo certi che questo murales possa avere un impatto visivo significativo e sia un potente mezzo per comunicare un messaggio alla comunità. Il dipinto acquista un valore culturale e sociale, esattamente come il palio. Ci auguriamo che il connubio tra il tema e l’ubicazione influisca quotidianamente sulle scelte di tutti noi».
CONTRADA KRUZETA
La contrada A Kruzeta ha invece deciso di dedicare il proprio murales al tema dell’immigrazione. «Ciò che avviene nel Mediterraneo è solo l’ultimo tratto di un lungo viaggio di migrazione che attraversa campi di prigionia, guerre, torture e violenze – spiegano dalla contrada -. Da anni l’Europa ha intrapreso la linea politica di evitare che i migranti partano dalle coste africane così da limitare i flussi migratori verso il vecchio continente, un accordo del 2017 definito “disumano” dalle Nazioni Unite. Il risultato è stato quello di trasformare le coste africane in un atroce trappola mortale per i migranti: ogni giorno migliaia di uomini, donne e bambini vengono violentati, torturati fisicamente e annientati psicologicamente nei campi di detenzione dove i migranti rimangono per tempi sempre più lunghi, andando inevitabilmente incontro alla loro fine. L’Italia, come gli altri Paesi europei, finanzia questo sistema, addestrando anche le motovedette della guardia costiera libica; il tutto per evitare di vedere il problema in televisione dove gli sbarchi finiscono per fare notizia. Insomma, non importa la sofferenza delle persone, ma si fa di tutto “purché non se ne parli”».
Da lì la scelta di raffigurare nell’opera «dei migranti anonimi, senza volto che lottano contro l’impeto del mare che cerca di sopraffarli – prosegue la contrada -. Dei migranti, che di fronte a quella situazione che li costringe a sfidare la morte, possono fare affidamento solo su una fragile barca e su loro stessi». E tra i migranti la Venere della tanto discussa campagna “Open to meraviglia” «in mezzo al mare in tempesta, sulla barca, con la sua t-shirt che ci invita a scoprire davvero il nostro Paese. Scoprire anche questa realtà che percepiamo così lontana ma che poi ci è davvero molto vicina. In fondo i migranti sono uomini e donne; mamme, papà o bambini come noi, che sognano semplicemente una vita vivibile».
«La rabbia del mare in tempesta rappresenta l’ingiustizia – concludono da A Kruzeta -: è la rabbia di chi questi migranti non li vuol vedere arrivare nel proprio Paese ma anche la rabbia di chi invece non accetta che non si trovi una soluzione per proteggerli e difendere i diritti umani. Purtroppo, a fare le spese della bufera sono sempre e solo i migranti stessi, che si trovano in balia delle onde, dimenticati nel mare come oggetti di un dibattito e non più come esseri umani. In lontananza si scorge un faro: il punto di riferimento per i naviganti. Non è un faro qualsiasi, ma la Torre Lampugnani di Dairago, perché è proprio da ognuno di noi che deve arrivare la luce per poter guidare la società fuori da questa burrasca. È a partire dal nostro piccolo, dai gesti quotidiani verso il prossimo, che abbiamo la possibilità di accendere una speranza in questo mare in tempesta e portare davvero un po’ di meraviglia nel nostro Paese».
CONTRADA MADONA IN CAMPAGNA
Madona in Campagna ha scelto di realizzare un trompe l’oeil adattandolo alla sua collocazione, eseguito con acrilico su intonaco e pietra serizzo, con uno «scorcio prospettico concepito per essere osservato da qualche metro di distanza sotto il porticato», da dove «è possibile apprezzarne maggiormente l’illusione».
«Un muro – spiega la contrada a proposito del proprio murales -. Abbiamo cercato un muro che non è un muro qualunque. E qui e non poteva essere altrove. L’abbiamo scelto per dare l’illusione che quel muro non ci fosse e che questo porticato proseguisse idealmente oltre, conducendoci, come in un varco spazio-temporale, nella piazza Mazzini degli anni Cinquanta. La torre dell’acquedotto, la via XXV Aprile, a ca dul Vigorelli, ul circulin, la cuti di Bartan… Sebbene la piazza sia ben diversa dall’attuale, è rimasta intatta nei ricordi di chi l’ha vissuta. Chiunque sia passato durante i lavori di pittura, infatti, si è fermato per condividere con noi la sua esperienza e i suoi ricordi legati a questo luogo, impreziosendo così via via il dipinto di particolari».
«Il bimbo in primo piano è ad un passo dalla piazza ma non vi entra – concludono da Madona in Campagna -. Guarda addirittura altrove, è interessato al manifesto appeso alle pareti che raffigura il suo supereroe preferito con in mano le bandiere del Palio dairaghese. Se solo volesse, potrebbe scoprire la realtà del passato volgendo lo sguardo alla sua destra, ma sembra attratto solo da ciò che è qui e ora e che conosce. I ricordi del tempo passato, raccontati, dipinti, tramandati, aprono una breccia nel muro della storia. Non entreremo mai in quella piazza degli anni Cinquanta, ma se vogliamo abbiamo la fortuna di poterla ammirare. Solo a un passo di distanza».
CONTRADA SAN GINISI
La contrada San Ginisi, infine, per il proprio murales si è lasciata ispirare dalla metafisica di De Chirico. «Siamo stati a lungo tentati di proporre un murales “didascalico”, che raccontasse di quello che siamo, che illustrasse un particolare aspetto delle nostre amate tradizioni – spiega la contrada – ma, ad ogni ipotesi, ci si accorgeva di quanto parziale ed insoddisfacente fosse la rappresentazione che cercavamo di proporre. Senza alcuna volontà di scimmiottare presuntuosamente un grande artista, ci si è imbattuti in un’opera di De Chirico che ci ha suggerito una prospettiva e una angolatura differenti».
«Abbiamo rappresentato i “luoghi” simbolici delle nostre contrade alla maniera del grande artista, sperando di averne riproposto l’impressione del “vuoto” e del silenzio – proseguono da San Ginisi -. Nessuno dei nostri simboli ha una collocazione prevalente e la composizione, nel suo complesso, è decontestualizzata; necessita dunque dell’'”ingresso” dell’osservatore nell’opera, a sostituire i famosi “manichini” di De Chirico, senza occhi per avere una visione che vada oltre gli oggetti. In questo modo ciascuno di noi è invitato a pensare oltre i luoghi e le forme per vivere il vero significato di una manifestazione che trae la sua origine da tradizioni e simboli antichi che vengono reinterpretati e rianimati dal desiderio di stare insieme, di fare comunità, nella solidarietà e nell’amicizia, antidoti al “vuoto” della società moderna».
«Nasce quindi un dipinto di denuncia ma al tempo stesso di speranza, ottimismo e fiducia – concludono dalla contrada -. La proposta pittorica rappresenta un “parallelo simbolico” con i dipinti metafisici di De Chirico e le sue Piazze d’Italia nelle quali non vi è la presenza umana (se non talvolta attraverso degli inanimati e inquietanti “manichini”), metafora di una umanità spenta o assente, allo stesso modo di un paese come Dairago con le sue piazze troppo spesso deserte, vuote, cupe e silenziose. Così abbiamo volutamente evitato ogni rappresentazione fotografica e narrativa della realtà del paese ricercando invece, attraverso la rappresentazione metafisica, onirica, lirica un ambiente scarno, “sospeso” ma comunque riconoscibile attraverso le icone delle contrade che popolano una piazza spettrale e inanimata. Ma ecco che queste piazze, queste vie si popolano e si animano in occasione del Palio delle Contrade, momento vivificatore e salvifico di un paese a rischio di divenire “dormitorio”, privo di una specifica identità e di una radicata comunità, peraltro ereditate da una storia antica di borgo Capo di Pieve nei secoli passati».
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