Morte delle sorella Agrati, pena ridotta a 25 anni in appello per il fratello condannato per omicidio
La Corte d'Assise d'Appello di Milano ha escluso l'aggravante della premeditazione e ha riconosciuto le attenuanti generiche a Giuseppe Agrati
Pena ridotta a 25 anni in appello per Giuseppe Agrati, condannato a dicembre dello scorso anno all’ergastolo per il duplice omicidio delle sorelle Carla e Maria, morte nell’incendio divampato nella notte tra il 12 e il 13 aprile 2015 nell’abitazione di famiglia al civico 33 di via Roma a Cerro Maggiore. Lo ha deciso la Corte d’Assise d’Appello di Milano in parziale riforma della sentenza di primo grado emessa a dicembre dello scorso anno dalla Corte d’Assise di Busto Arsizio, che aveva condannato Agrati all’ergastolo.
Alla base dello sconto di pena la decisione della Corte meneghina di escludere l’aggravante della premeditazione – che era stata invece riconosciuta in primo grado – e di concedere le attenuanti generiche. La sentenza ha comunque lasciato «molti dubbi» nei legali Giuseppe Lauria e Desirée Pagani che da anni si battono per dimostrare l’innocenza di Giuseppe Agrati e ora si chiedono come avrebbe potuto, senza premeditazione, «articolare un piano così elaborato e complesso». La difesa attenderà ora il deposito delle motivazioni della sentenza di appello per valutare eventuali altri passi da intraprendere.
La decisione della Corte d’Assise di Busto Arsizio di condannare l’uomo all’ergastolo per duplice omicidio era arrivata dopo oltre un anno di dibattimento e due nuove perizie che avevano stabilito l’una che Giuseppe Agrati era capace di intendere e di volere la notte dell’incendio e l’altra che il rogo non fu accidentale.
Giuseppe Agrati era stato arrestato a novembre del 2019 ma già da marzo dello stesso anno era indagato per la morte delle sorelle. L’inchiesta inizialmente sembrava incanalata verso l’archiviazione: dai primi accertamenti tecnici e dalle risultanze testimoniali delle indagini della prima ora, infatti, secondo la Procura di Busto Arsizio non erano emersi indizi di colpevolezza tali da portare alla richiesta di rinvio a giudizio.
La svolta era arrivata quando la Procura Generale di Milano aveva avocato il fascicolo aperto a carico del 70enne a seguito dell’opposizione presentata da un nipote di Carla e Maria Agrati rispetto alla richiesta di archiviazione della Procura bustocca. Con la riapertura delle indagini, al civico 33 di via Roma erano stati effettuati nuovi sopralluoghi, anche con la presenza della Scientifica, e il quadro emerso dal supplemento di inchiesta aveva portato la pubblica accusa a chiedere – e ottenere – il rinvio a giudizio dell’uomo.
E dopo un anno di dibattimento, punteggiato fin da subito dalle dichiarazioni rese spontaneamente dallo stesso imputato – che però ha deciso di non sottoporsi all’interrogatorio della Corte -, l’ultima proprio al termine delle repliche in cui ha nuovamente parlato di «menzogne» sulla sua vita e sui suoi rapporti con le sorelle, per Agrati era arrivato l’ergastolo con nove mesi di isolamento diurno, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la condanna al risarcimento delle parti civili, alle quali fin da subito ha dovuto versare una provvisionale di 60mila euro a testa, in linea con quanto aveva chiesto la Procura.
Richieste alla quale la difesa del 70enne si era opposta puntando il dito contro la mancanza di un movente – che invece la Corte ha individuato nei soldi -, contro quelle che riteneva e ritiene lacune nella ricostruzione dei fatti e contro la violazione del diritto di difesa del proprio assistito, il cui patrimonio è stato sottoposto a sequestro. I legali di Agrati durante l’arringa a chiusura del dibattimento avevano anche adombrato possibili scenari alternativi incentrati sul ruolo di una terza persona non identificata o addirittura della stessa Carla Agrati, come hanno fatto anche nella tesi difensiva depositata proprio in vista del processo di appello.
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