Morte delle sorelle Agrati, al via il processo d’appello per il fratello condannato per omicidio
Mercoledì 28 settembre prima udienza del processo d'appello per Giuseppe Agrati, condannato all’ergastolo per il duplice omicidio delle sorelle
Mercoledì 28 settembre tornerà in aula il caso di Giuseppe Agrati, condannato a dicembre dello scorso anno all’ergastolo per il duplice omicidio delle sorelle Carla e Maria, morte nell’incendio divampato nella notte tra il 12 e il 13 aprile 2015 nell’abitazione di famiglia al civico 33 di via Roma a Cerro Maggiore. Come avevano annunciato fin dai minuti immediatamente successivi alla lettura del dispositivo della sentenza, infatti, i legali dell’uomo hanno proposto appello contro la decisione della Corte d’Assise di Busto Arsizio e ora a rivalutare quello che in paese è diventato un vero e proprio giallo sarà la seconda sezione della Corte d’Assise d’Appello di Milano.
In vista del secondo grado di giudizio, la difesa di Agrati ha preparato una vera e propria tesi da sottoporre al vaglio della Corte, dove solleva più di un dubbio sulla «reale colpevolezza dell’imputato». A partire dall’uso del fuoco, mezzo che «non presuppone un reale raggiungimento di morte certa» per l’omicidio delle sorelle che gli viene addebitato, fino alla scelta di avvisare verbalmente le due donne dell’incendio, all’allarme lanciato ai vicini e agli atteggiamenti rispetto allo spegnimento del rogo, che per i legali «non avrebbe dato un nesso logico per avvalorane la morte».
Non solo. Per la difesa i conti non tornano nemmeno rispetto al movente economico a cui è stata ricondotta la morte delle sorelle Agrati «in quanto l’imputato possedeva un’ingente somma di denaro che veniva utilizzata per le azioni ad uso quotidiano, esenti quindi da possibili compulsioni eventuali o giochi d’azzardo patologici». Quanto alla dinamica dell’incendio, infine, per i legali, che già in primo grado avevano denunciato lacune a carico delle indagini, «non è stato riscontrato l’uso di acceleranti né al pian terreno né al primo piano dell’abitazione».
Insomma, per il collegio difensivo di Agrati «in questa vicenda prove certe ed inequivocabili non ce ne sono. Si possono formulare ipotesi. Se ne sono formulate tante, si è cercato di provarne alcune. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte, in ogni caso, non può ritenersi provato oltre ogni ragionevole dubbio che Giuseppe Agrati cagionò la morte delle proprie sorelle dando fuoco ad almeno due zone dell’abitazione, utilizzando acceleranti».
La decisione della Corte d’Assise di Busto Arsizio di condannare l’uomo all’ergastolo per duplice omicidio era arrivata dopo oltre un anno di dibattimento e due nuove perizie che avevano stabilito l’una che Giuseppe Agrati era capace di intendere e di volere la notte dell’incendio e l’altra che il rogo non fu accidentale.
Giuseppe Agrati era stato arrestato a novembre del 2019 ma già da marzo dello stesso anno era indagato per la morte delle sorelle. L’inchiesta inizialmente sembrava incanalata verso l’archiviazione: dai primi accertamenti tecnici e dalle risultanze testimoniali delle indagini della prima ora, infatti, secondo la Procura di Busto Arsizio non erano emersi indizi di colpevolezza tali da portare alla richiesta di rinvio a giudizio.
La svolta era arrivata quando la Procura Generale di Milano aveva avocato il fascicolo aperto a carico del 70enne a seguito dell’opposizione presentata da un nipote di Carla e Maria Agrati rispetto alla richiesta di archiviazione della Procura bustocca. Con la riapertura delle indagini, al civico 33 di via Roma erano stati effettuati nuovi sopralluoghi, anche con la presenza della Scientifica, e il quadro emerso dal supplemento di inchiesta aveva portato la pubblica accusa a chiedere – e ottenere – il rinvio a giudizio dell’uomo.
E dopo un anno di dibattimento, punteggiato fin da subito dalle dichiarazioni rese spontaneamente dallo stesso imputato – che però ha deciso di non sottoporsi all’interrogatorio della Corte -, l’ultima proprio al termine delle repliche in cui ha nuovamente parlato di «menzogne» sulla sua vita e sui suoi rapporti con le sorelle, per Agrati era arrivato l’ergastolo con nove mesi di isolamento diurno, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la condanna al risarcimento delle parti civili, alle quali fin da subito ha dovuto versare una provvisionale di 60mila euro a testa, in linea con quanto aveva chiesto la Procura.
Richieste alla quale la difesa del 70enne si era opposta puntando il dito contro la mancanza di un movente – che invece la Corte ha individuato nei soldi -, contro quelle che riteneva e ritiene lacune nella ricostruzione dei fatti e contro la violazione del diritto di difesa del proprio assistito, il cui patrimonio è stato sottoposto a sequestro. I legali di Agrati durante l’arringa a chiusura del dibattimento avevano anche adombrato possibili scenari alternativi incentrati sul ruolo di una terza persona non identificata o addirittura della stessa Carla Agrati.
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