Referendum: quorum lontanissimo nel Legnanese, ma tra chi ha votato ha vinto il sì
Tra i pochi che hanno votato al referendum nel nostro territorio ha vinto il sì, con percentuali - per quanto permesso dall'affluenza flop - bulgare
Le previsioni della vigilia hanno trovato ampia conferma nelle urne: i referendum sulla giustizia non hanno raggiunto il quorum e quindi il loro “verdetto” non sarà valido. Anche nel Legnanese ha votato meno di un elettore su cinque: ad eccezione di Canegrate e San Giorgio su Legnano, infatti, dove l’affluenza è stata “trascinata” dalle elezioni amministrative – senza comunque raggiungere il fatidico 50% -, solo a Villa Cortese è stato raggiunta e superata la soglia del 20% dei votanti. Tra i pochi che alle urne ci sono andati, comunque, anche nel nostro territorio ha vinto il sì, con percentuali – per quanto l’affluenza flop permetta di dirlo – bulgare.
INCANDIDABILITÀ DOPO UNA CONDANNA
Il primo quesito referendario ruotava sostanzialmente intorno all’abolizione del decreto Severino, che nel 2012 aveva introdotto il divieto di ricoprire incarichi di governo, l’incandidabilità o l’ineleggibilità alle elezioni politiche o amministrative, e la conseguente decadenza dalle stesse cariche, per i condannati in via definitiva per determinati reati, anche se commessi prima dell’entrata in vigore del decreto. Con una differenza: mentre per gli amministratori locali è sufficiente la condanna in primo grado per alcuni reati gravi, per gli incarichi nazionali le norme valgono dopo la condanna definitiva.
In caso di vittoria del sì al referendum, anche i condannati in via definitiva avrebbero potuto candidarsi o comunque portare avanti il proprio mandato e, come succedeva fino al 2012, sarebbero stati i giudici caso per caso a decidere rispetto alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.
LIMITAZIONE DELLE MISURE CAUTELARI
Il secondo quesito referendario riguardava la limitazione i casi di applicazione delle misure cautelari, ovvero dei casi in cui un imputato può essere sottoposto a una limitazione della libertà prima della sentenza.
In caso di vittoria del sì al referendum, sarebbe stata abrogata la possibilità per i reati meno gravi di motivare una misura cautelare con il pericolo di reiterazione.
SEPARAZIONE DELLE FUNZIONI DEI MAGISTRATI
Il terzo quesito referendario riguardava l’abrogazione delle disposizioni che danno la possibilità ai magistrati di passare dalla funzione requirente, ovvero quella del pubblico ministero, a quella giudicante, ovvero quella del giudice, e viceversa.
In caso di vittoria del sì al referendum, a inizio carriera il magistrato avrebbe dovuto scegliere l’una o l’altra strada senza più possibilità di ripensamenti.
MEMBRI LAICI DEI CONSIGLI GIUDIZIARI
Il quarto quesito referendario era finalizzato all’inclusione della componente laica del consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dei Consigli giudiziari nelle discussioni e nelle valutazioni sulla professionalità dei magistrati, che ogni quattro anni vengono valutati dal CSM sulla base di pareri motivati ma non vincolati elaborati dal Consiglio direttivo della Suprema Corte e dai Consigli giudiziari.
In caso di vittoria del sì al referendum, i membri laici avrebbero potuto votare in tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei Consigli giudiziari.
ELEZIONE DEI MEMBRI TOGATI DEL CSM
Il quinto e ultimo quesito riguardava la modifica delle modalità di presentazione delle candidature per l’elezione dei membri togati, ovvero dei magistrati, dal Consiglio Superiore della magistratura.
In caso di vittoria del sì al referendum, ogni magistrato avrebbe potuto presentazione la sua candidatura senza obbligo di una preventiva raccolta firme.
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