Un pomeriggio nel laboratorio del panificatore Matteo Cunsolo: «Dal pane un messaggio di pace»
Cunsolo, che di recente ha dato forma al pane per la pace e insieme all'Associazione Panificatori al pane nel mondo, ci ha accolto nel suo laboratorio
La saracinesca del panificio è abbassata, le ceste del pane alle spalle del bancone sono ormai vuote, ma il profumo è inconfondibile, come quello delle botteghe di una volta. Ci accoglie tra i forni e i carrelli già pronti a riempirsi del pane che domani finirà sulle tavole di Parabiago Matteo Cunsolo, panificatore della città della calzatura, presidente dell’Associazione Panificatori di Milano e Provincia e del Richemont Club Italia, che di recente ha portato il messaggio di pace del pane ben oltre i confini del suo comune, fino al confine tra Ucraina e Polonia.
Ed è qui, con accanto il lievito madre alla base di tanti dei prodotti che si trovano in vetrina in via Sant’Antonio al quale ha anche dato un nome – P.G., dalle iniziali del maestro panificatore Piergiorgio Giorilli che anni fa gliene donò un pezzettino -, che Cunsolo ci racconta uno di quei viaggi da cui è impossibile tornare indietro senza sentirsi cambiati rispetto a quando si è partiti, quello nel cuore dell’Europa, là dove dopo quasi 80 anni di pace è tornata la guerra.
Partiamo dalle prime iniziative a supporto dell’Ucraina: com’è nato il pane per la pace?
L’idea nasce da un servizio al TG, dove il giornalista faceva vedere che la prima cosa che veniva data alle famiglie che attraversavano il confine era un pezzo di pane con una bevanda calda. Alla parola pane mi si è come accesa una lampadina e mi sono chiesto, essendo un panificatore, cosa potevo fare di concreto per aiutare. Ho pensato a questo pane bicolore che ricorda la bandiera ucraina: per la parte gialla viene utilizzato lo zafferano, per quella blu il fiore del pisello blu della Thailandia e l’intero ricavato viene donato alla raccolta fondi avviata dal Lions Club Maggiolini.
Che riscontro avete avuto da parte dei clienti?
C’è stata una grande risposta, a livello mediatico e sui social se n’è parlato molto e questo ha aiutato le vendite. È stato apprezzato sia dai grandi che dai piccini: davanti al mio panificio ci sono delle scuole e sono arrivati dei bambini chiedendone un pezzettino. Abbiamo scelto la forma del pane in cassetta proprio per fare in modo che chiunque potesse scegliere quanto donare, e in questo modo anche i più piccoli hanno donato quel che potevano.
E dopo il successo del pane per la pace, ha deciso di fare un passo in più…
Grazie al Richemont Club abbiamo raccolto più di sei quintali di biscotti, pane e beni di prima necessità e avevo deciso di portarli direttamente al confine con la Polonia con un furgone. A questa “impresa” si è aggregato un ragazzo di Parabiago che non conoscevo, Marco Slavazza, che mi ha contattato dopo aver saputo dell’iniziativa e ha voluto partecipare rendendosi utile a sua volta: abbiamo chiesto in prestito alla parrocchia un furgone a nove posti e per guidare, dal momento che i chilometri erano tanti, Marco ha contattato un suo amico di Genova, Alois Maurizi. A noi si è poi unito anche il fratello di Marco, Matteo Slavazza. Siamo arrivati al confine con l’Ucraina, e lì abbiamo visitato un campo profughi dove abbiamo lasciato parte degli aiuti. Una volta sul posto, però, ci hanno spiegato che il problema più grosso era in territorio ucraino e abbiamo deciso di attraversare il confine per raggiunto un centro di smistamento direttamente nel Paese.
Che effetto ha fatto trovarsi dove la guerra si tocca con mano e non è solo un’immagine al TG?
È stata un’esperienza forte, un’esperienza che cambia, spero in meglio: sono immagini e situazioni che ci si porta dentro, aumentano il valore di quello che noi abbiamo quotidianamente e insegnano il vero significato della libertà.
Quello per l’Ucraina non è l’unico messaggio di pace che ha fatto finora raccontare al suo pane, però…
Come Associazioni Panificatori di Milano abbiamo creato in occasione di BIT – Borsa Internazionale Tursimo un pane chiamato pane del mondo: una treccia a cinque filoni, ognuno dei quali contraddistinto da un ingrediente rappresentativo di un continente. La treccia simboleggia l’abbraccio fra i popoli, e poi diventa tonda a mo’ di ghirlanda per simboleggiare l’abbraccio dei popoli intorno al mondo. Il pane è qualcosa che accomuna tutti i popoli, tutte le religioni e tutte le etnie, e penso sia davvero promotore di messaggi e abbia la forza di arrivare dappertutto e dovunque.
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.