Chiude la Emerson a Rescaldina, lavoratori in sciopero: «Il posto di lavoro non si tocca»
I lavoratori della Emerson hanno sfilato in corteo dal sito produttivo al comune per far sentire la propria voce, per poi essere ricevuti dal sindaco
La crisi energetica che fa lievitare le spese per la produzione, i costi della decarbonizzazione e lo spauracchio della burocrazia rischiano di cancellare con un colpo di spugna un secolo di storia a Rescaldina: la Emerson, che per tutti in paese è la ex Raimondi, nei giorni scorsi ha comunicato la decisione di spostare le proprie linee produttive in Malesia e in Germania, mettendo di fatto a rischio non solo il posto di lavoro dei 120 dipendenti dello stabilimento di via Castellanza, ma almeno in parte anche quelli di chi lavora nell’indotto. Così i lavoratori del sito produttivo, insieme ai rappresentanti delle sigle sindacali e anche ad alcuni ex colleghi che hanno voluto far sentire il loro sostegno, venerdì 11 febbraio hanno scioperato attraversando in corteo il paese fino al comune di Rescaldina, dove una delegazione si è poi seduta al tavolo insieme al sindaco Gilles Ielo per valutare i prossimi passi.
«Questo stabilimento occupa 120 persone più l’indotto e i servizi per un totale di circa 150 lavoratori che ora rischiano il posto di lavoro per la decisione della multinazionale americana di chiudere lo stabilimento perché per loro non più profittevole, trasportando le produzioni in Malesia e in Germania – sottolinea Antonio Del Duca, sindacalista della Fiom-Cgil Ticino Olona -. Riteniamo questa scelta sbagliata: dopo anni di sacrifici e di investimenti in questo stabilimento, che è un punto di eccellenza ed è stato completamente ristrutturato, ora lo si abbandona con la perdita dei posti di lavoro. Faremo di tutto e chiederemo aiuto alle istituzioni perché si dia una risposta concreta a questi lavoratori».
La scelta di incrociare le braccia a stretto giro di posta dalla doccia fredda arrivata nei giorni scorsi, infatti, è solo il primo passaggio: già la prossima settimana ci saranno nuove iniziative a Legnano, sul cui territorio ricade parzialmente il sito industriale della Emerson, mentre il 21 febbraio è in programma un incontro con l’Associazione Industriali. Quella legata alla Emerson sarà peraltro una delle prime procedure a finire ad imboccare la strada della nuova procedura dei tavoli di crisi. «Verremo convocati in Regione e poi al Ministero dello Sviluppo Economico – aggiunge Del Duca – e in ogni sede chiederemo che la multinazionale si debba impegnare a reindustrializzare il sito e a dare posti di lavoro: non voglio elemosine e non vogliamo soldi, vogliamo posti di lavoro».
«Come sindacalisti della Fim saremo presenti a tutti i tavoli di crisi istituzionali – gli fa eco Edoardo Barra, sindacalista della Fim Milano Metropoli -. Difenderemo i diritti di tutti i lavoratori della Emerson: nessuno di loro sarà lasciato da solo, nessuno può essere lasciato senza un lavoro. Il comune, la Regione e il Ministero devono avere il coraggio di assumersi delle responsabilità. È necessario usare ogni strumento utile per evitare la chiusura dello stabilimento oppure riconvertire il sito e assorbire la forza lavoro attualmente presente».
In corteo insieme ai lavoratori – che hanno fatto sentire la loro voce per le vie del paese scandendo lo slogan “Il posto di lavoro non si tocca, lo difenderemo con la lotta” tra il suono dei fischietti e delle trombette da stadio e qualche fumogeno – ha “sfilato” anche il sindaco. «Sono qui a portare la solidarietà dell’amministrazione ai lavoratori della Emerson – ha spiegato Ielo, che da dicembre è alla guida della Consulta Economia e Lavoro -. Ho voluto essere presente e partecipare al corteo insieme ai lavoratori per trasmettere un primo messaggio: è stato un fulmine a ciel sereno, ma quello che dobbiamo fare nei prossimi dieci mesi è un percorso comune, per questo ho voluto di raggiungere il palazzo comunale insieme ai dipendenti e poi ricevere una loro delegazione per capire la situazione e quali azioni promuovere nei prossimi mesi per mantenere il livello occupazionale e la produzione a Rescaldina se sarà possibile o comunque tutelare al meglio i lavoratori con il supporto che l’amministrazione comunale può dare limitatamente alle proprie competenze».
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