Messa in suffragio dei defunti per il Rotary Club “Castellanza”
Messa annuale in suffragio dei soci e degli amici defunti del Rotary Club Castellanza officiata da monsignor Angelo Cairati nella basilica di San Magno a Legnano
Messa annuale in suffragio dei soci e degli amici defunti del Rotary Club “Castellanza” giovedì 28 ottobre nella basilica di San Magno a Legnano. Dopo la celebrazione, officiata da monsignor Angelo Cairati, il presidente Giuseppe Ferravante ha enunciato i nomi di coloro che sono passati nel club lasciando un segno e una testimonianza, ai quali sono andati il ricordo e la preghiera dei soci.
Il club si è poi ritrovato al ristorante Dinner The Mode di Legnano per la conviviale. Dopo le comunicazioni, è stato don Cairati a fare da relatore rispetto al tema “Cosa c’è dopo la morte”. «Il tema, purtroppo poco trattato anche all’interno della Chiesa stessa, si può estendere a Morte, Giudizio, Paradiso, Inferno, ossia ai Novissimi cioè le cose ultime che attendono l’uomo – spiegano dal club rifacendosi all’intervento di monsignor Cairati -. Il Paradiso è evocato pochissimo nella Bibbia e il vocabolo è la resa greca paradeisos e poi italiana appunto, paradiso che indica un parco o un giardino recintato ricco di vegetazione e compare nell’Antico Testamento tre volte nei passi Cantico 4,3 ; Qohelet 2,5 ; Neemia 2,8 mentre nel Nuovo Testamento il paradiso compare ancora tre volte ma ha perso il suo valore vegetale di base e si è trasformato in un simbolo dell’aldilà, dell’oltre vita, del Regno di Dio e lo troviamo nei passi dell’Evangelista Luca 23,42-43 ; 2 Corinzi 12,2-4 e Apocalisse 2,7. Il Paradiso vale dunque più per il suo contenuto che per le sue rappresentazioni date della ricchezza di rappresentazioni e immagini come ricordiamo nella Genesi in cui si descrive l’Eden. Ci si chiede quindi se il paradiso non sia dunque un’illusione, una proiezione. Il dubbio del credente è legittimo, ma è la sfida della fede a fare la differenza rinunciando, o almeno tentando di non arrendersi al nulla, al buio. La consolazione arriva da Gesù e l’unica parola che ha detto sul paradiso è rivolta al ladrone in croce al suo fianco, ma l’accento non è sul paradiso in sé ma sul “con me”. Cosa ci attende dunque, cosa dobbiamo aspettarci se non il grande abbraccio di Cristo, una vita per sempre con Lui di cui, certo, sappiamo poco ma la fede ci porta a credere che da questo abbraccio cosmico tutto sarà salvato in una comunione di santi».
«Nell’inferno siamo abituati a vedere buio e fuoco, nell’Antico Testamento infatti si parla di Sheol, ossia un luogo profondo della terra dove ci sono i morti – aggiungono dal Rotary Club “Castellanza” -. Nel Nuovo Testamento di parla di Geenna, ossia valle del torrente, che è passata a rappresentare l’inferno dove il fuoco brucia i peccatori e Gesù stesso, associando il simbolo del fuoco alla Geenna, pone un solido terreno sull’esistenza e fondatezza di tale dogma. Molti Padri della Chiesa, tuttavia, hanno condiviso la speranza di una riconciliazione universale e alla grazia che può essere concessa. Passando dal Purgatorio, (per il quale la dottrina ha ricevuto la sua forma ecclesiale definitiva in 2 Concili del Medioevo: Lione 1274 , Ferrara-Firenze 1439) comprendiamo che si tratta di un concetto più che un luogo fisico, una condizione di purificazione ulteriore che precede il passaggio ultimo e definitivo. Questo luogo di purificazione è quindi un tempo buono per riscattarsi di quanto resta ancora in sospeso per poi volare verso la resurrezione. Il purgatorio diventa un concetto specificatamente cristiano se lo si intende nel senso che il Signore stesso è il fuoco giudicante che trasforma l’uomo e lo rende conforme al suo corpo glorificato, processo necessario di trasformazione spirituale dell’uomo che lo pone in grado di essere vicino e simile a Cristo, a Dio e unirsi così alla comunione dei santi».
«L’incontro con il Signore, ci dice don Angelo, non è altro che una trasformazione finalizzata a ricevere il definitivo abbraccio di Dio – concludono dal club – non in un luogo specifico ma in una relazione di pienezza, di fiducia e di abbandono che solo una fede profonda, vissuta già qui e ora, può consentirci di sperare per noi stessi e per i nostri cari che ci hanno preceduto».
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.