Ufficio postale chiuso a Sant’Ilario, il TAR dà ragione a Nerviano e “bacchetta” Poste Italiane
La sentenza del TAR annulla il provvedimento con cui Poste Italiane nel 2015 comunicò la chiusura dello sportello di Sant'Ilario: non bastano le motivazioni fornite
Sei anni. Ci sono voluti sei anni ma per il Comune di Nerviano è arrivata la prima vittoria nella battaglia legale ingaggiata contro la chiusura dell’ufficio postale di Sant’Ilario, alla quale il paese al tempo si era opposto anche con manifestazioni di piazza e con una raccolta firma che era arrivata oltre quota mille sottoscrizioni. Nei giorni scorsi, infatti, è arrivata dal TAR una sentenza che accoglie il ricorso promosso ad inizio ottobre 2015 dall’allora sindaco Enrico Cozzi, inizialmente “bocciato” dal Tribunale Amministrativo Regionale in quanto ritenuto tardivo e poi portato avanti dall’amministrazione guidata da Massimo Cozzi, che si era opposta a quel primo “no”.
La chiusura dell’ufficio postale di Sant’Ilario era stata decisa da Poste Italiane nell’ambito di un più ampio piano industriale che prevedeva la chiusura di 61 sportelli in tutta la Lombardia. Da subito, come dicevamo, aveva provocato più di un “mal di pancia” in paese, penalizzando soprattutto la fascia più anziana dei residenti nella frazione, tanto che l’amministrazione di centrosinistra di Enrico Cozzi prima e quella di centro destra di Massimo Cozzi si erano rivolte come dicevamo alla giustizia amministrativa. E ora il collegio giudicante ha dato ragione a Piazza Manzoni.
Per il TAR, infatti, Poste Italiane, nel provvedimento con cui ha comunicato la chiusura dello sportello di Sant’Ilario, non ha motivato come avrebbe dovuto la scelta. «Il servizio universale impone all’ente che ha il compito di garantirne l’attuazione, quando assume la decisione di sopprimere un ufficio postale, di indicare puntualmente le ragioni per cui, in quel luogo, restano garantite prestazioni di servizi conformi agli obblighi imposti a livello europeo e nazionale – si legge nella sentenza del TAR -; in tale prospettiva, una decisione di chiusura basata sulla sola esigenza di assicurare “l’equilibro economico” non potrebbe di per sé ritenersi legittima, posto che essa ridurrebbe gli elementi da prendere in considerazione al solo utile economico, il quale diviene, in una tale ipotetica prospettiva, un criterio che va ad oscurare la rilevanza di una delle ragioni stesse del servizio pubblico, vale a dire l’esigenza, che dev’essere garantita in quanto tale, di assicurare a chiunque la ragionevole opportunità di poter fruire delle prestazioni del servizio medesimo. Ove il servizio postale non dovesse tenere in adeguato conto di siffatte ragioni e della preminenza delle stesse quand’anche — in ipotesi — in concreto antieconomiche, cesserebbe per ciò solo di essere un vero e proprio servizio pubblico, e regredirebbe ad essere mera attività di impresa orientata al solo profitto, in condizioni (a quel punto ingiustificabili) di monopolio od oligopolio.
«Naturalmente, quest’obbligo è sottoposto ad un limite di proporzionalità, nel senso che il sacrificio dell’economicità va rapportato e bilanciato con la non irragionevolezza del sacrificio che, in una situazione che può essere critica, può essere corrispondentemente domandato al fruitore medio del servizio – aggiunge il TAR -. A tale proposito, una motivazione incentrata sul solo dato economico dell’asserita impossibilità di garantire condizioni di equilibrio, racchiusa in una motivazione piuttosto generica, potrebbe valere, del tutto in astratto, per un numero indefinito ed assai elevato di uffici postali dislocati sul tutto il territorio nazionale. Né, per valutare la sufficienza numerica degli uffici postali esistenti per soddisfare le esigenze della collettività potrebbe rilevare la mera misurazione chilometrica, dovendosi invece indagare la concreta idoneità dell’ufficio postale che rimane esistente ad assicurare un livello di servizio che presenti, anche per il territorio che viene sguarnito di un proprio ufficio, i connotati dell’universalità, vale a dire dell’accessibilità a chiunque a condizione economiche eque e ragionevoli del servizio».
La sentenza del TAR è ovviamente solo un primo passaggio, ma riporta in primo piano un tema molto sentito in paese. «Siamo soddisfatti di questo primo passo che accoglie il principio della funzione sociale, in primis verso gli anziani, che rivestiva la presenza dell’ufficio postale – sottolinea l’ex sindaco Massimo Cozzi, oggi consigliere di opposizione -. L’auspicio è che si vada fino in fondo senza cedere a nessun compromesso, fino alla riapertura dello stesso».
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.