Morte delle sorelle Agrati, il fratello imputato era «capace di intendere e di volere» la notte dell’incendio
Presentate le conclusioni della nuova perizia voluta dalla Corte d'Assise di Busto Arsizio per valutare la capacità di intendere e di volere dell'imputato al momento dei fatti
Giuseppe Agrati era capace di intendere e di volere la notte tra il 12 e il 13 aprile 2015, quando le fiamme avvolsero l’abitazione di famiglia al civico 33 di via Roma a Cerro Maggiore dove si trovava insieme alle sorelle Carla e Maria, che persero la vita nell’incendio. Lo ha stabilito la nuova perizia voluta dalla Corte di Assise di Busto Arsizio, davanti alla quale si sta celebrando ormai da un anno il processo che vede imputato per il duplice omicidio delle due donne proprio il fratello Giuseppe, unico superstite del rogo.
La decisione di ricorrere ad una nuova perizia era arrivata a valle dell’acquisizione della relazione stilata ai tempi dal consulente nominato dal giudice dell’udienza preliminare, che aveva decretato la capacità di stare in giudizio di Agrati ma aveva anche sottolineato alcuni aspetti sui quali la Corte nei mesi scorsi ha ritenuto necessari ulteriori approfondimenti, chiedendo al consulente, il dott. Marcello Diurni, di valutare se l’imputato fosse affetto da disturbo mentale e nel caso di quale tipo, la sua capacità di intendere e volere al momento dei fatti, l’eventuale pericolosità sociale e la necessità di cure.
E oggi, martedì 5 ottobre, i risultati della perizia sono approdati nella aule del palazzo di giustizia bustocco, stabilendo che l’imputato presenta «una condizione patologica riconducibile a disturbo della personalità di tipo misto con tratti schizoidi, che si caratterizzano per la presenza di un assetto in cui prevale una ristretta espressione di attività, un isolamento sociale marcato, un pensiero caratterizzato da eccentricità e bizzarria e fantasie che assumono talora screzi di carattere paranoidee». Agrati, insomma, ha sempre vissuto in modo isolato e ritirato, con relazioni limitate alla cerchia familiare e ha cercato di fornire «un’immagine differente di sé»: le «alterazioni del pensiero» rilevate dalla perizia sembrano quindi colmare in qualche modo la mancanze della sua esistenza.
Niente, però, che porti a concludere per l’incapacità di intendere e di volere al momento dei fatti, rispetto alla quale il consulente incaricato dalla Corte di Assise ha valutato due ipotesi: la sussistenza di una sindrome “più grande”, scartata però perché il quadro clinico non presenta una «strutturazione di delirio di tipo persecutorio» che giustifichi i fatti di cui Agrati è chiamato a rispondere, oppure «condizioni di tipo acuto dissociative o psicotrope», a loro volta però escluse dal momento che il reato di cui l’imputato è chiamato a rispondere avrebbe richiesto una pianificazione incompatibile con un quadro di questo tipo. Non avendo ravvisato un vizio di mente al momento dei fatti, il consulente non si è quindi espresso sulla pericolosità sociale dell’uomo.
Per la nuova perizia voluta dalla Corte d’Assise per accertare le cause dell’incendio, invece, bisognerà aspettare più del previsto: le conclusioni dei periti incaricati di indagare ancora una volta sul rogo in cui persero la vita Carla e Maria Agrati, infatti, non saranno discusse in aula tra due settimane, come previsto, ma a dicembre.
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