Fanghi tossici, a Parabiago nessuno sversamento su terreni destinati a coltivazioni alimentari
Dal confronto tra il comune e le aziende agricole coinvolte, è emerso che i terreni di Parabiago coinvolti dall'inchiesta non erano destinati alla coltivazione di prodotti per umani e animali
I terreni di Parabiago dove sono stati utilizzati i fanghi tossici finiti al centro dell’inchiesta aperta dalla Procura della Repubblica di Brescia non sono mai stati destinati alla produzioni di prodotti per l’alimentazione umana e animale. È quanto emerge dai primi approfondimenti che il comune stesso sta portando avanti insieme alle due aziende agricole cittadine coinvolte nelle indagini, convocate da Piazza della Vittoria subito dopo che il Gruppo Carabinieri Forestale di Brescia ha notificato all’amministrazione l’elenco dei terreni e delle aziende interessate. Già un mese fa, peraltro, a seguito della comunicazione delle Forze dell’Ordine, il comune aveva chiesto in via cautelare alle ditte non solo conferma dell’uso dei fanghi ricevuti e della localizzazione degli eventuali spandimenti, ma anche di non coltivare sui campi interessati beni riservati all’alimentazione umana e animale.
Fanghi tossici, Parabiago “blocca” le coltivazioni alimentari sui campi coinvolti
«L’amministrazione ha incontrato le società agricole che hanno ricevuto i fanghi, che hanno comunicato quali sono i terreni oggetto di spandimento e in alcuni casi anche le quantità – ha spiegato il sindaco Raffaele Cucchi in apertura del consiglio comunale di martedì 20 luglio -: da quanto è stato riferito, i terreni coinvolti non sono mai stati destinati alla produzione di prodotti per umani e per animali, ma erano destinati alla produzione di biomasse».
Nei giorni scorsi, inoltre, il comune ha anche preso parte ad un tavolo di confronto organizzato dalla Città Metropolitana che ha coinvolto oltre agli enti locali i parchi locali, ARPA e ATS. «Arpa ha fatto presente che l’indagine in corso interessa il territorio di sette province lombarde, comunicando che in Regione è prevista l’attivazione di un tavolo congiunto per valutare come procedere con approccio omogeneo nelle diverse aree e informare delle fasi di attività previste, che comprendono la definizione di un protocollo di controllo sui materiali interessati, una puntuale raccolta di informazioni di dettaglio dalle aziende utilizzatrici come tipologia e quantità di prodotto utilizzato, periodo di utilizzazione, pratiche agronomiche e localizzazione delle superfici, la predisposizione ed esecuzione di un piano di indagine, le valutazione dei dati ai fini sanitari e l’apertura, lo svolgimento e la conclusione del procedimento di ripristino. Tutto questo dovrà essere concordato non solo con la Regione, ma anche con la Procura dal momento che sono ancora in corso le indagini».
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