Morte delle sorelle Agrati, il patrimonio del fratello Giuseppe sotto la lente di ingrandimento
La difesa di Giuseppe Agrati ha chiesto nuove indagini patrimoniali anche sugli altri eredi e ha messo in luce alcuni aspetti poco chiari nella suddivisione dell'eredità
Conti, polizze, fondi. Riparte dagli accertamenti patrimoniali e finanziari svolti dagli inquirenti il processo che vede Giuseppe Agrati imputato per il duplice omicidio delle sorelle Carla e Maria, morte nell’incendio che nella notte tra il 12 e il 13 aprile 2015 avvolse l’abitazione di famiglia in via Roma a Cerro Maggiore. Quando ormai non mancano che un paio di nomi sulla lista dei testimoni chiamati in aula dalla Procura prima di passare la palla alla difesa, sono ancora una volta gli aspetti economici a tenere banco: quegli stessi aspetti economici che secondo il castello accusatorio sarebbero proprio il movente che ha spinto l’uomo all’omicidio delle sorelle.
Così, cifra dopo cifra, il maresciallo dei carabinieri che si è occupato delle indagini patrimoniali ha ricostruito davanti alla Corte d’Assise di Busto Arsizio la situazione delle vittime e soprattutto dell’imputato. Giuseppe Agrati prima delle morte delle sorelle era titolare di diversi conti corrente in varie banche, alcuni dei quali avevano anche un deposito titoli collegato, per una liquidità totale di poco superiore ad 83mila euro. L’uomo aveva inoltre un conto corrente cointestato con la sorella Carla ed era delegato ad operare su un conto corrente appartenente sempre alla ex docente del liceo Galilei di Legnano e su un altro conto di proprietà di Maria Agrati. I suoi redditi principali erano costituiti quasi esclusivamente dagli affitti ricavati dal patrimonio immobiliare di famiglia. Un patrimonio come ce ne sono tanti, insomma, che però dopo la morte delle sorelle ha avuto un cambiamento «considerevole», per usare le parole del maresciallo dei Carabinieri che ha sfilato sul banco dei testi, con il valore totale salito tra liquidità ed immobili di poco sopra i 412mila euro.
La difesa invece ha puntato il dito contro le indagini patrimoniali che in base alle indicazioni avrebbero dovuto riguardare anche gli altri eredi, sottolineando che «manca completamente il sottofascicolo» relativo all’accertamento svolto a carico del nipote Andrea e chiedendo che vengano effettuate delle verifiche patrimoniali più ampie del solo aspetto reddituale anche sugli altri eredi. Richiesta alla quale si sono opposte sia la Procura che le parti civili. Non solo, i legali dell’imputato hanno messo in luce anche quelle che ritengono anomalie nella suddivisione dell’eredità: le somme depositate su alcuni conti, fondi e polizze sarebbero stati infatti divisi in parti uguali tra i quattro eredi, ovvero i due fratelli superstiti e i due nipoti e non attribuendo invece un terzo a ciascuno dei fratelli e un sesto ai nipoti come prevede la normativa.
Incalzato dalla Procura, il testimone ha riferito anche circa la presenza di quei fondi milionari di cui spesso si è parlato anche nelle scorse udienze. L’unico fondo per il quale si può usare la definizione «milionario», però, sarebbe un fondo sottoscritto in lire negli anni ’90, dove la definizione milionario fa riferimento proprio alla valuta più che all’importo. Così come non ci sarebbe traccia di fondi americani se non, in alcuni casi, per una denominazione che può aver tratto in inganno. Quanto alle password, a loro volta tornate a più riprese protagoniste del processo, l’imputato sarebbe stato in possesso delle credenziali di accesso ai conti dei quali era cointestatario o sui quali poteva operare con delega, mentre la sorella Carla avrebbe gestito in autonomia i propri fondi.
Morte delle sorelle Agrati, in aula l’«ossessione» del fratello per i fondi dei brevetti “americani”
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