Buoni spesa, a Rescaldina 140 domande ma solo tre esercizi commerciali hanno aderito
Il dato, discusso in consiglio comunale, secondo il M5S impone una riflessione sugli «effetti della capillarità con cui la grande distribuzione si è diffusa»
Sono già 140 le richieste di buoni spesa ricevute dal comune di Rescaldina, cui rimangono virtualmente “in cassa” poco meno di 10mila euro dei 75mila assegnati come contributo alimentare dal Governo con il Decreto Ristori-ter. La maggior parte, 86, sono già state ammesse, mentre 31 sono state respinte perché non rispondevano ai requisiti richiesti dall’amministrazione, 20 sono tuttora in istruttoria e tre hanno richiesto un’integrazione nella documentazione presentata. In paese, però, i buoni spesa al momento possono essere utilizzati solamente in tre esercizi commerciali e questo ha suscitato le perplessità del Movimento 5 Stelle, che durante l’ultima seduta consiliare ha chiesto conto all’amministrazione di eventuali “candidature” bocciate.
Rescaldina, 75mila euro di buoni spesa per le famiglie in difficoltà
«Con il Decreto Ristori-ter è stato istituito un apposito fondo al fine di consentire ai comuni l’adozione di misure urgenti di solidarietà alimentare – ha sottolineato il capogruppo del Movimento 5 Stelle, Massimo Oggioni -. Questo fondo, oltre ad essere di supporto ai cittadini in emergenza economica a causa del Covid-19, costituisce un ulteriore aiuto per gli esercizi commerciali in cui i buoni vengono spesi: è importante quindi agevolare la spesa dei buoni negli esercizi locali di vicinato, maggiormente sofferenti rispetto alla grande distribuzione. A partire dal 22 dicembre è stato possibile presentare la richiesta per accedere al contributo. I buoni spesa solidali erano e sono spendibili negli esercizi commerciali che avessero fatto apposita domanda di accreditamento sulla piattaforma telematica SiVoucher e che avessero soddisfatto una serie di requisiti stabiliti dall’amministrazione comunale. Ad oggi gli esercizi commerciali accreditati risultano solamente tre».
Bocciature, però, non ce ne sono state né avrebbero potuto essercene. «Alla piattaforma con cui gli esercizi commerciali si possono accreditare si accede volontariamente, non c’è nessuna procedura sotto il controllo dell’amministrazione – ha replicato l’assessore ai servizi sociali Enrico Rudoni -. Non è stato negato l’accesso a nessun esercizio commerciale: ad oggi quelli accreditati sono tre e ce n’è un quarto che sta espletando le procedure necessarie. Con il primo bando per i buoni spesa, quando gli esercizi accreditati erano otto, i cittadini non si sono recati nei negozi di vicinato ma hanno privilegiato esercizi commerciali più grossi, pertanto questi ultimi stavolta non hanno ritenuto opportuno accreditarsi».
«È un dato che ci deve far riflettere – ha commentato il consigliere pentastellato Massimo Oggioni a valle della seduta consiliare -. Ci dice che il legame di solidarietà che dovrebbe legare i cittadini ai negozi di vicinato è, almeno parzialmente, saltato. Nel momento del bisogno, i cittadini preferiscono rivolgersi alla grande distribuzione, perché più accessibile e a prezzi più vantaggiosi. Di rimando, i piccoli commercianti, strozzati dalla concorrenza insostenibile fatta dalla grande distribuzione, non tentano nemmeno più di proporsi ai cittadini come servizio base essenziale. Un loop infinito che in questi periodi difficili emerge in tutta la sua drammaticità. Gli effetti della capillarità con cui la grande distribuzione si è diffusa sono questi, lo scollamento tra la matrice sociale e quella commerciale del paese, un processo che porta il fare la spesa al semplice approvvigionamento di beni possibilmente al prezzo minore possibile. Cittadini più soli, commercianti strangolati, centri commerciali anonimi spacciatori di merce. Per chi dice che i centri commerciali possono essere visti come motori sinergici e complementari ai piccoli negozi di vicinato, questa è una delle tante risposte possibili (e purtroppo non l’unica). Mentre qualcuno ancora pensa a portare avanti progetti volti ad espandere i centri commerciali esistenti, assistiamo a questo sgretolarsi inesorabile del nostro tessuto economico e sociale. Fermiamoci, siamo ancora in tempo. Errare è umano, perseverare è diabolico».
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