Morte delle sorelle Agrati, il fratello accusato di omicidio resta in carcere
La Corte d'Assise di Busto Arsizio ha respinto l'istanza della difesa di Giuseppe Agrati, che aveva chiesto per l'imputato il "passaggio" ai domiciliari
Giuseppe Agrati resta in carcere. La Corte d’Assise di Busto Arsizio, presieduta dal giudice Daniela Frattini, ha respinto l’istanza presentata dalla difesa a valle dell’ultima udienza del processo che vede l’uomo imputato per il duplice omicidio delle sorelle, morte nell’incendio che la notte tra il 12 e il 13 aprile 2015 avvolse l’abitazione al civico 33 di via Roma.
Morte delle sorelle Agrati, la difesa chiede i domiciliari per il fratello accusato di omicidio
I legali di Agrati avevano chiesto per lui, in carcere da novembre 2019, il “passaggio” ai domiciliari puntando il dito contro una serie di errori nelle indagini che secondo la tesi difensiva sarebbero emersi durante le prime udienze del processo a carico dell’uomo: un contatore asportato dal luogo dove si trovava dopo il rogo, la scena del crimine non adeguatamente preservata, la ricerca di eventuali tracce di sostanze che potrebbero aver provocato il rogo solamente due settimane dopo la notte in cui persero la vita Carla e Maria Agrati, il pezzo di tubo mai ritrovato e tutte le persone che hanno avuto accesso al civico 33 di via Roma.
In questo quadro per la difesa dell’imputato c’era di che parlare di indagini «superficiali» e far uscire l’uomo dal carcere. Anche perché l’istruttoria è ormai in fase avanzata e non ci sarebbe stato pericolo di inquinamento delle prove, così come non ci sarebbe stato pericolo di fuga dal momento che il patrimonio di Agrati è tuttora sotto sequestro a seguito della richiesta avanzata dal nipote tre giorni dopo l’arresto. L’imputato, inoltre, avrebbe scontato i domiciliari a Gallarate, “lontano” da Cerro Maggiore.
Morte delle sorelle Agrati, parla il nipote: «Mia zia Carla preoccupata dalle reazioni del fratello»
Alla richiesta si erano opposti il sostituto procuratore generale della Corte d’Appello di Milano Maria Speranza Vittoria Mazza e i difensori delle parti civili. La pubblica accusa aveva portato a sostegno della propria tesi non solo la circostanza che l’istruttoria non è ancora conclusa, ma soprattutto la testimonianza del nipote dell’imputato e delle vittime, che avrebbe confermato la sussistenza delle esigenze cautelari, facendo emergere non solo una situazione di «conflittualità» nei rapporti familiari, ma anche un «risentimento palpabile» nei suoi confronti per aver riavviato le indagini e averlo privato del patrimonio complessivo di cui sarebbe potuto entrare in possesso con la causa intentata in sede civile per l’eredità.
Motivazioni, quelle addotte dalla Procura Generale, che hanno trovato accoglimento nell’ordinanza della Corte d’Assise: almeno per il momento, infatti, Giuseppe Agrati rimarrà in carcere. Il suo caso tornerà nella aule del palazzo di giustizia il prossimo martedì 23 febbraio, quando è in calendario la prossima udienza del processo a suo carico.
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