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Morte delle sorelle Agrati, il fratello accusato di omicidio: «Innocente, ma non posso difendermi»

L'uomo, accusato dell'omicidio delle sorelle morte in un incendio a Cerro Maggiore, denuncia l'impossibilità di difendersi con il patrimonio sotto sequestro

incendio via roma cerro maggiore

Si era già dichiarato innocente in aula, durante la prima udienza del processo che lo vede imputato per il duplice omicidio delle sorelle, morte nell’incendio che distrusse l’abitazione di via Roma a Cerro Maggiore nel 2015. Ora Giuseppe Agrati, che nei prossimi mesi proverà a dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Busto Arsizio, affida ad una lettera il suo grido d’aiuto: «Sono in detenzione preventiva dal 9 novembre 2019 e non posso difendermi perché lo Stato mi ha già condannato a priori, senza un giusto processo».

Agrati è stato arrestato a novembre dello scorso anno. L’uomo, unico superstite del terribile incendio nel quale persero la vita le sue due sorelle, è stato rinviato a giudizio per il duplice omicidio delle sorelle – accusa per la quale è indagato da marzo 2019 – dopo che una perizia aveva accertato la sua capacità di stare in giudizio. Le indagini sul rogo erano state riaperte dopo che la Procura Generale di Milano aveva avocato il fascicolo aperto a suo carico a seguito dell’opposizione presentata da un nipote delle due donne rispetto alla richiesta di archiviazione della Procura di Busto Arsizio. Con la riapertura delle indagini, sulla scena dell’incendio erano stati svolti nuovi sopralluoghi, anche con la presenza della Scientifica. Secondo la tesi degli inquirenti, l’uomo avrebbe appiccato l’incendio che distrusse la casa di via Roma e spezzò la vita di Maria e Carla per questioni economiche.

Nella lettera Giuseppe Agrati torna a denunciare l’impossibilità di difendersi senza poter disporre del suo patrimonio, posto sotto sequestro a seguito della richiesta avanzata dai nipoti davanti al giudice civile per il riconoscimento dell’indegnità a succedere dello zio. Nonostante il giudizio di merito in sede civile sia stato dichiarato estinto dal momento che i nipoti si sono anche costituiti parte civile nel processo penale, infatti, la richiesta dei legali dell’uomo di dichiarare inefficace il sequestro è stata respinta.

«Al dramma della vita carceraria, che alla mia età (69 anni, ndr) rappresenta già un’esperienza terribile, si aggiunge quello di non potermi difendere dalla falsa ricostruzione degli eventi proposta dall’accusa – scrive Agrati -. Infatti, dopo dieci giorni dall’arresto, mio nipote ha chiesto il sequestro di tutto il mio patrimonio per evitare che io possa utilizzare i miei averi per affrontare le spese di difesa. A nulla sono valsi gli appelli fatti dai miei avvocati in tutte le sedi per rimuovere questo ingiusto ostacolo a causa del quale, dopo un anno, mi trovo ancora in carcere senza aver avuto la possibilità di incaricare un ingegnere forense esperto di incendi che spiegasse esattamente al giudice la ricostruzione veritiera dell’accaduto, anche perché l’accusa non ha prodotto prove. La difesa e dunque la possibilità di difendersi è un diritto garantito dalla Costituzione, ma questo nel mio caso non avviene. Voglio denunciare questa evidente ingiustizia, ribadendo la mia totale innocenza».

«Il 13 aprile è la data che ha segnato la mia esistenza – si legge nella lettera del 69enne -: quella tragica notte mentre dormivo è divampato un incendio e le mie sorelle sono morte nella sciagura. Io sono stato l’unico sopravvissuto alla tragedia e questa è stata la mia colpa. Dopo essere stato dichiarato completamente estraneo alla vicenda dal pubblico ministero di Busto Arsizio, ora mi trovo agli arresti in carcere accusato di avere appiccato l’incendio che ha determinato gli eventi successivi. Quella era la mia casa, lì c’è e c’era il mio nucleo familiare. Dopo questo evento è tutto scomparso!»

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 29 Ottobre 2020
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