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Referendum: dal divorzio all’aborto, i precedenti nel Legnanese

Un po' di storia referendaria e come il Legnanese aveva votato in passato

referendum costituzionale 2020 scheda

Domenica 20 settembre gli Italiani saranno chiamati ad esprimersi sul 72° referendum della storia della Repubblica. Con il primo, l’unico istituzionale, gli italiani hanno scelto di staccare la spina alla monarchia dopo 85 anni di regno dei Savoia, 20 dei quali passati sotto la dittatura fascista. Con l’ultimo, invece, hanno detto no alla riforma costituzionale “Boschi-Renzi”, che proponeva il superamento del cosiddetto bicameralismo paritario e la riduzione del numero dei parlamentari. Da allora, i cittadini sono tornati alle urne 67 volte per far sentire la propria voce su referendum abrogativi – ovvero finalizzati a “cancellare” una legge o alcune norme che ne fanno parte -, una volta per un referendum di indirizzo e tre volte per referendum costituzionali.

Tra le 67 consultazioni referendarie abrogative, che richiedono la partecipazione della maggioranza di chi ha diritto al voto, solo 39 hanno raggiunto il quorum. L’affluenza più alta è arrivata con il referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio nel 1974, quando alle urne andò l’87,7% degli elettori, mentre il minimo storico è stato toccato nel 2009, quando a votare fu poco più del 23% degli italiani: quel giorno la proposta riguardava l’abrogazione della possibilità di collegamento tra liste e di attribuzione del premio di maggioranza ad una coalizione di liste alla Camera e al Senato e l’abrogazione della possibilità per uno stesso candidato di presentarsi in più di una circoscrizione.

I REFERENDUM PIÙ FAMOSI

DIVORZIO – Domenica 12 e lunedì 13 maggio 1974 agli italiani viene chiesto se vogliono abrogare o meno la legge sul divorzio. In Italia vince il no con il 59,3% dei voti e anche nel Legnanese quasi ovunque vince il no, ma non manca qualche eccezione. A Busto Garolfo, ad esempio, la spunta il sì anche se solamente per quattro voti, con il 50,03% delle preferenze. Vince il sì anche a Dairago con il 58,87% e a Villa Cortese con il 53,28%. I più convinti nel dire no, invece, sono Canegrate e Legnano, dove gli elettori intenzionati ad abrogare la legge non arrivano nemmeno al 40%.

FINANZIAMENTO PUBBLICO AI PARTITI – L’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti è passata due volte al vaglio degli elettori nella storia della Repubblica: domenica 11 e lunedì 12 giugno 1978 e domenica 18 e lunedì 19 aprile 1993. Al primo giro vince il no anche se di misura, con il 56,4% degli elettori che si dichiara contrario. Quindici anni dopo, invece, i cittadini cambiano idea, e stavolta le percentuali sono bulgare: oltre il 90% dei votanti sceglie di tagliare i fondi ai partiti.

Stavolta anche il Legnanese segue compatto l’esempio nazionale: nel 1978 i più “indecisi” sul taglio sono Legnano, dove i sì sfiorano il 45%, e Parabiago e San Vittore Olona, dove i favorevoli al taglio superano il 40%, ma il risultato non è mai veramente in discussione. Anche nel 1993 il risultato nel Legnanese non fa eccezione rispetto a quello nazionale, con la provincia di Milano che dice sì al taglio del finanziamento pubblico ai partiti con quasi il 93% dei voti.

ABORTO – Domenica 17 e lunedì 18 maggio 1981 tocca a due quesiti di stampo opposto sull’aborto: da una parte i radicali che chiedono di rendere più semplice l’accesso all’interruzione di gravidanza, dall’altra il Movimento per la vita che vuole rendere la normativa più stringente. In entrambe i casi però in Italia vince il no, rispettivamente con l’88,4% e il 68% dei voti. Anche questa volta il Legnanese è allineato ai risultati nazionali, con la provincia di Milano che boccia entrambe le proposte: quella dei radicali con l’88,76% dei voti e quella del Movimento per la vita con il 69,14%.

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Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 19 Settembre 2020
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