Presentato il documentario che racconta il grande cotonificio Cantoni attraverso chi ci ha lavorato
È un altro tassello del progetto Heritage della Liuc, coordinato dal professor Pozzi, che sta costruendo una memoria storica attorno agli edifici che oggi ospitano l'università e i suoi studenti: "Un patrimonio da salvare e valorizzare"
La grande fabbrica non c’è più, dentro i grandi edifici al centro di Castellanza oggi c’è l’università Liuc ma gli immensi telai rivivono nei racconti delle donne e degli uomini che fino agli anni ’70 li hanno fatti andare. È stato presentato oggi il documentario “Noi della Cantoni”, realizzato nell’ambito del progetto Heritage Hub coordinato dal professore di storia dell’Industria Daniele Pozzi.
All’evento hanno partecipato il rettore dell’Università Liuc Anna Gervasoni, Federico Visconti in qualità di presidente della Fondazione Comunitaria del Varesotto che ha contribuito al progetto, così come ha contribuito il Comune di Castellanza per il quale era presente Davide Tarlazzi, assessore alla Cultura e Istruzione.
Tutti hanno sottolineato l’importanza della memoria e della cultura d’impresa come spinta per mettere in rete i musei industriali e far diventare questo grande patrimonio fatto di oggetti, ricordi, persone diventi un volano sociale ed economico.
L’importanza del tema è stato sottolineato anche da Mario Perugini, direttore della rivista Impresa e storia, che ha realizzato un numero speciale con Liuc partendo da un convegno che ha messo insieme diverse figure legate all’heritage e all’insegnamento della storia dell’industria nelle università.
Massimo Negri, direttore dell’European museum academy foundation ha presentato un manuale su come realizzare un museo industriale, incentrandolo sul tema della comunocazione: «Queste realtà richiedono uno sforzo creativo per far parlare di sé». Renè Capovin, direttore generale del Museo dell’industria e del lavoro di Brescia, ha raccontato, invece, l’esperienza sviluppata nelle tre sedi nella città della Leonessa: una dedicata al ferro, una all’acqua e un magazzino esposizione dedicata al cinema e alle sue macchine.
Non poteva mancare il pensiero di Claudio Argentiero dell’Archivio Fotografico Italiano che possiede una sterminata collezione di immagini che raccontano anche la storia industriale del territorio.
L’altra novità presentata da Pozzi, infine, riguarda proprio l’innovazione e la capacità di comunicare all’esterno questo immenso patrimonio con l’app interattiva gamificata, sviluppata con alcune scuole del territorio, per valorizzare il patrimonio di archeologia industriale della Valle Olona, trasformando la memoria del passato in esperienza coinvolgente per i giovani.
Il convegno ha voluto dimostrare, attraverso casi pratici, come il corporate heritage rappresenti non solo un tratto distintivo per aziende e territori, ma anche un motore di crescita, capace di creare valore economico, culturale e sociale.
In provincia di Varese le possibilità non mancano se pensiamo ai numerosi musei industriali presenti nella rete creata partendo dal Museo del tessile di Busto Arsizio e chiamata MiVa.
MiVa, la rete dei musei industriali del Varesotto che apre una nuova strada al turismo
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