A decidere sull’Ops di Unicredit su Banco Bpm saranno gli azionisti
«Offerta non concordata» per 10,1 miliardi di euro e nascita del terzo gruppo bancario europeo. I ministri Salvini e Giorgetti "bocciano" l'operazione
Il lancio dell’Ops (offerta di pubblico scambio) di Unicredit su Banco Bpm dà alcune indicazioni precise sullo stato di salute del nostro sistema creditizio. Il risiko bancario italiano non solo non si è mai fermato ma dimostra una vitalità che non ha eguali in Europa.
Le reazioni politiche su questo tentativo di acquisizione ripropongono temi già affrontati nel recente passato. Quando nel febbraio del 2020 Intesa Sanpaolo lanciò l’Ops su Ubi Banca, anche quell’offerta non venne concordata. Esattamente come è accaduto ieri con il blitz di Unicredit su Bpm. È sufficiente quel dettaglio per poter parlare di «offerta ostile»?
In quell’occasione Victor Massiah, numero uno di Ubi Banca, sollecitato sull’argomento in un incontro avvenuto a Milano di fronte ai giornalisti, affermò: «Avete mai visto in Italia Opa ostili su banche?», ribadendo subito dopo che l’Ops di Intesa Sanpaolo era un’operazione legittima e che «non si può invocare il libero mercato solo quando fa comodo».
Un aspetto contestabile di quell’offerta c’era e non era l’ostilità, bensì la non congruità rispetto agli asset di Ubi Banca che, in un secondo tempo, costrinse il cda di Intesa Sanpaolo a incrementare il corrispettivo in azioni con una componente in denaro per ciascuna azione di Ubi Banca portata in adesione.
Nell’Ops di Unicredit su Bpm, la politica ha voluto subito far sentire la sua voce. I due ministri leghisti, Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti, hanno manifestato tutta la loro diffidenza nei confronti di questa operazione in quanto «non concordata», ipotizzando l’esercizio del Golden power da parte del governo, strumento che permette di tutelare gli asset strategici di interesse nazionale. Va però ricordato che gli azionisti italiani di Unicredit rappresentano solo l’8% dell’intero capitale e non ci sono patti di sindacato e tantomeno la presenza di soci di controllo.
È vero che la logica di mercato e la finanza hanno un’anima cinica e speculativa ma se l’operazione messa in campo da Unicredit andasse in porto darebbe vita al terzo gruppo bancario europeo con una serie di ricadute più che positive per l’intera economia italiana.
Il prossimo passaggio per procedere con l’Ops sarà la convocazione di un’assemblea straordinaria da parte di Unicredit per fare un aumento di capitale ed emettere nuove azioni, per un valore di 10,1 miliardi di euro, da scambiare con quelle del Banco Bpm.
A decidere il destino di questa operazione, su entrambi i fronti bancari e in tutte le sue fasi, dovrebbero essere solo gli azionisti.
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