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Lucia Castellano a La Tela di Rescaldina: “In Italia manca una cultura sul carcere”

L'ex direttrice del carcere di Bollate che trasformò in un istituto modello ha riflettuto insieme a don David Maria Riboldi sulla situazione italiana: "Basterebbe applicare le leggi che ci sono per migliorare la situazione"

lucia castellano don david maria riboldi la tela rescaldina

«In Italia manca una cultura del carcere che non sia preda delle emozioni». Lucia Castellano, già direttrice del carcere di Bollate e attualmente provveditrice dell’amministrazione penitenziaria della Campania, è intervenuta venerdì sera all’osteria del buon essere La Tela di Rescaldina (bene confiscato alla ‘ndrangheta) in occasione della serata dedicata al tema carcere nell’ambito della settimana della legalità che si conclude stasera con una cena dedicata ai prodotti delle terre confiscate alla mafia.

Insieme a don David Maria Riboldi, cappellano del carcere di Busto Arsizio e anima della cooperativa La Valle di Ezechiele, ha dialogato su un tema preda di un dibattito polarizzato che paralizza qualsiasi tipo di azione volta a migliorare le condizioni di vita dei detenuti.

Lucia Castellano è considerata tra i dirigenti più illuminati in Italia grazie all’esperienza di Bollate che ha fatto diventare un carcere modello: «Sono stati anni in cui si è potuto aprire il carcere alla città e questo ha portato importanti benefici che si sono riversati poi nella società grazie ad un abbassamento del tasso di recidiva da parte degli ospiti, una volta scontata la loro pena».

Durante la serata, alla quale hanno preso parte in collegamento anche le responsabili di due cooperative (Le Lazzarelle di Pozzuoli e la Banda Biscotti di Verbania) che hanno raccontato i grandi risultati ottenuti grazie all’incessante e prezioso lavoro portato avanti negli anni coi detenuti e le detenute che hanno avuto la possibilità di lavorare in queste realtà.

Don David, ormai personaggio noto in tutta la provincia di Varese e oltre per il suo impegno, ha raccontato del modello portato avanti in questi anni ma anche della difficile situazione che si sta vivendo all’interno dell’istituto penitenziario bustese dove sono recluse 440 persone in una struttura che ne dovrebbe contare 240: «C’è una frustrazione enorme perchè, semplicemente, non si riescono ad ottenere le risposte. I quattro operatori che lavorano nella struttura non riescono a far fronte alla mole di domandine che vengono presentate. A questo si aggiunge l’insofferenza per il pochissimo spazio disponibile».

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Diversi gli episodi in cui questa rabbia è sfociata in violenza con conseguenze sia per i detenuti che per gli agenti della Penitenziaria e per gli operatori stessi: «Una situazione che si trascina da ben prima di questo governo ma che questo governo cavalca in modo strumentale. Basta andare a sentire le dichiarazioni del sottosegretario alla Giustizia Delmastro all’inaugurazione di un nuovo mezzo per il trasporto dei detenuti della Penitenziaria».

Propio venerdì, infatti, il politico di Fratelli d’Italia già finito in vari scandali tra pistolettate alla festa di Capodanno e dossier secretati passati ai colleghi, aveva dichiarato di aver provato «intima gioia nel togliere il respiro ai detenuti che verranno trasportati».

Lucia Castellano si è tenuta a distanza dalla polemica politica e ha provato a far riflettere la platea: «In Italia abbiamo le leggi ma non le applichiamo. Lo abbiamo fatto solamente durante il covid, quando si rischiava davvero che il virus potesse creare grossi problemi in una situazione di sovraffollamento. Abbiamo oltre 61 mila detenuto a fronte di poco più di 47 mila posti in carcere (130% di riempimento). Se applicassimo l’attuale normativa si potrebbe far uscire dagli istituti circa 5 mila persone con le misure alternative e con la liberazione anticipata».

Don David ha ricordato che anche il Papa è tornato a chiedere, per l’anno giubilare, una forma di indulto o amnistia, «cosa che non accade dal 2006» ha ricordato il religioso che poi ha spiegato come, grazie alla sua cooperativa, «abbiamo dato lavoro a 30 persone e solo uno è tornato in carcere per aver commesso altri reati», una percentuale che è molto simile in tutte le realtà che riescono a «organizzarsi fuori dal carcere per aiutare nel reinserimento sociale attraverso il lavoro. Sono realtà che devono essere riconosciute e devono stare sul mercato per dare un senso vero al lavoro dei detenuti» – ha concluso Lucia Castellano al termine dell’incontro.

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Pubblicato il 17 Novembre 2024
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