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Ombre d’amore più un labirinto di specchi

di Paolo Negri

Il racconto della domenica

L’uomo forzuto e le sue catene. Applausi. Eppure Cespuglio gli dava le spalle, interessato maggiormente a un anziano concentrato nel ripiegare di continuo un fazzoletto di stoffa. A fissare quel prodigio di precisione, oltre agli occhi petrolio del giovane, ve ne erano altri due, azzurri come l’imprendibilità del cielo. Si assaggiarono i due curiosi, poi qualcuno gridò: “Castagna! Vieni qui!”. E lei obbedì. Ma l’ombra di Cespuglio, più svelta del pensare, si smarcò dal suo pesante portatore, allungò la mano e prese giusto quella di Castagna. Corsero via, in movimento, come il resto degli spettatori.
L’uomo forzuto aveva concluso le sue banalità e Cespuglio rimase lì, immobile, senza ombra ma con un dubbio: ora lei dove sarà? Castagna era nella tenda attigua dove un escatologo incatenato in un bicchiere d’acqua provava a liberarsi. Anche lei immobile, con un continuo spiffero alle spalle, come inseguita da una porta spalancata.
“Qualcuno che del mondo osservi con piacere quel che mi affascina, ecco cosa cerco!” s’alzo come un indice Cespuglio. Ma guardandosi indietro si chiuse come una mano dubbiosa sulla bocca: “Ma senz’ombra è possibile?”.
Castagna divertita, contava invece con le dita, quante Castagne fossero apparse in quel labirinto dove i sorrisi si moltiplicano, pure le lacrime, e all’uscita ci si ritrova soli con sé stessi. Passato del tempo insufficiente, Cespuglio vide una ruota panoramica fare il suo dovere, persone volare, poi, a distanza, Castagna passeggiare nel buio. Con il cuore danzatore, le andò incontro: “Vieni con me sotto a un chiaro di luna? Mi devo accertare di un sospetto. Lei, con le gote accese, si fece condurre. In domanda di una chiazza di luce, trovarono invece una Franca. Caparbia e affaticata, era lì che srotolava e srotolava, come un Sisifo vestito da Charlot.
“Serve aiuto?” chiese Castagna. Franca si mise l’indice destro in bocca, lo estrasse nero e tracciò una linea retta lungo tutto il foglio.
“Sono certa che questa corda tesa sul candore, vi aiuterà a cercare quel che avete già trovato, beata gioventù fatta di sospiri!” rispose la pagliaccia. E assestò un ultimo calcio a quel foglio che terminava in un nero Malevich senza cornice. Poi diede uno spintone a quei titubanti fiutatori d’oro immateriale. E mentre quei due, incerti, procedevano in equilibrio precario lungo quella pennellata, Franca li affiancò e sul prato gioì: “Al funambolismo, ho sempre preferito fare capriole e sfiorare licenziosi pensieri filosofici! Li solletico con le dita dei piedi e rido! E alla gente meschina, che mi guarda sconvolta, rispondo mettendo un naso rosso! Ma ditemi, come lo trovate questo piccolo esercizio mortale?”.
Cespuglio e Castagna inclinavano le braccia, alzavano prima un piede e poi l’altro, reggendosi a vicenda, concentratissimi!
La pagliaccia diede un morso a un orologio: “Siete bravi… In fondo non è un’arte complessa, basta comprendere che il vuoto non esiste e la morte è indigeribile solo per chi non è mai sazio di compiacersi. E soprattutto per chi ha dimenticato che non dei corpi bisogna prendersi cura, ma della propria ombra” , e una lancetta le si conficcò nei denti.
“Quale ombra?”, Castagna a quest’ultima parola si bloccò, si sentì nuda e implorò Cespuglio: “Non voltarti ti prego, non voglio che mi vedi così”. Cespuglio rispose con un ginocchio alzato: “Come?”.
Lei perse l’equilibrio, si aggrappò a lui e insieme caddero nel bianco più profondo. Atterrarono sopra un letto. Si abbracciarono, poi guardarono le loro ombre ritrovate e chiesero: “E voi, senza di noi, cosa avete fatto tutto questo tempo?”

Racconto di Paolo Negri e Vincenzo Tumminello (www.ilcavedio.org). Illustrazione di Francesca Martello

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Pubblicato il 13 Ottobre 2024
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