Riciclava soldi per la ‘ndrangheta tra Busto Arsizio e Rescaldina. Chiesti 12 anni per Enrico Barone
Il 55enne di Vibo Valentia è a processo per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro con l'aggravante mafiosa. Già nel 2014 era finito in un'inchiesta sul clan Tripodi
Giunge al momento della sentenza il processo nei confronti di Enrico Barone, considerato dalla Dda (pm Silvia Bonardi) un riciclatore di capitali illeciti della ‘ndrangheta. Il 55enne originario di Vibo Valentia ma residente tra Legnano e Busto Arsizio da molti anni, era stato arrestato nel marzo del 2023 insieme all’imprenditore legnanese Maurizio Ponzoni e ad altri soggetti in un’operazione che aveva ricostruito un maxi riciclaggio da 1,5 milioni di euro, affidatogli da un cugino omonimo residente a Napoli.
Per Barone, già finito in un’inchiesta simile nel 2014 nei confronti del clan Tripodi, la pm ha chiesto 12 anni di carcere per associazione a delinquere per riciclaggio, false fatture e bancarotta con l’aggravante mafiosa. Nella sua requisitoria il magistrato ha ricostruito davanti al collegio del Tribunale di Busto Arsizio come avrebbe utilizzato il denaro sporco per acquisire imprese in difficoltà economiche con l’intento di spolparle dopo aver chiesto finanziamenti (anche con la garanzia dello Stato, approfittando delle norme di emergenza in periodo di pandemia) e infine avviarle alla bancarotta.
Non a caso l’inchiesta nasce da una serie di tamponi anti-covid eseguiti nei confronti dei giocatori del Monza prima di un match contro l’Avellino. Una delle società in cui erano stati re-investiti i capitali illeciti, infatti, operava in ambito sanitario. Ma gli interessi di Barone, insieme a Ponzoni (che ha già patteggiato) e una serie di prestanomi, spaziavano in diversi campi. Il minimo comune denominatore era lo stato di decozione.
Nel corso delle investigazioni economico-finanziarie sono state ricostruite operazioni distrattive di denaro, per oltre 4 milioni di euro, dai conti correnti di tre società dichiarate fallite dai Tribunali di Milano, Bergamo e Monza; i soldi poi finivano, tramite le false fatture, sui conti di società estere. Una parte dei soldi erano finiti anche a Vincenzo Rispoli, boss della locale di Legnano-Lonate Pozzolo al 41 bis con un ergastolo per omicidio.
Il difensore di Barone, Roberto Sola, ha ammesso per il suo assistito il sistema delle false fatturazioni ma ha chiesto l’esclusione dell’aggravante mafiosa e l’assoluzione per l’associazione a delinquere.
Il 7 giugno ci saranno le repliche e la sentenza.
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