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Sindaco Andrea Orlandi: “A Rho la mafia c’è. Ma Rho c’è contro la mafia”

Auditorium di via Meda gremito da 350 persone. Ad intervenire il procuratore aggiunto della DDA di Milano Alessandra Dolci

Rho

«A Rho la mafia c’è. Ma Rho c’è contro la mafia». In questa affermazione del sindaco Andrea Orlandi il senso della serata che ha visto protagonisti lunedì 28 novembre, in un auditorium di via Meda gremito da 350 persone, il procuratore aggiunto della DDA di Milano Alessandra Dolci, il ricercatore e formatore dell’osservatorio sulla criminalità organizzata CROSS-UNIMI Mattia Maestri e il giornalista de “Il Fatto Quotidiano” Mario Portanova.

Se l’indagine che la scorsa settimana ha portato a 49 arresti dimostra che la “locale” della ‘ndrangheta di Rho si è radicata seguendo stili e simboli tipici di questo fenomeno, gli interventi dei relatori hanno portato a capire come la ‘ndrangheta oggi rappresenti soprattutto un problema etico: «Si pone come risolutore di problemi, rivolgendosi a imprenditori e professionisti. Ci sono grandi committenti che si avvantaggiano di questo sistema – ha detto il magistrato, che fra l’altro conduce l’indagine avviata sul territorio rhodense – Dobbiamo tutti prestare attenzione e scegliere da che parte stare. Tra una pizzeria nata con fini sociali in un bene sottratto alla mafia e una gestita da parenti di personaggi in carcere per il 416 bis, si deve scegliere. Nei piccoli centri non si può dire che certe cose non si sappiano. Ci sono indicatori di anomalia che non possono sfuggire».

Portanova ha evidenziato come quella rhodense non sia “una ‘ndrangheta in doppio petto” ma rispecchi a tutto tondo “i gradi di potere, i simboli, l’uso di minacce e di armi, l’iconografia da film” dei gruppi noti in Calabria. «Qui si parla di logiche mafiose dal 1981. La locale è stata scoperta nel 1994 poi per oblio, rimozione o sottovalutazione è cresciuta. La violenza non è più eclatante, come ai tempi dell’omicidio di Carmelo Novella avvenuto nel luglio 2008 a San Vittore Olona, ma non mancano pestaggi e auto in fiamme – ha ricordato il giornalista – Lo schema è quello classico: i proventi arrivano dal traffico di droga. Nel 2009 la ‘ndrangheta era più feroce e sfacciata, agiva fra omicidi ed estorsioni. Si è diffusa a Lonate Pozzolo come a Legnano, a Busto Arsizio come a Buccinasco e Corsico. In occasione di Expo Milano 2015 si sono contate un centinaio di interdittive a imprese coinvolte nei subappalti dei cantieri».

«Si afferma chi è capace di illegalità e approfitta dell’illegalità altrui – ha sottolineato Alessandra Dolci – Questo sistema finisce per drogare il libero mercato. Parliamo di personaggi lungimiranti, che sanno muoversi ad alto livello non estorcendo più denaro ma la consulenza di professionisti esperti. Questo spaventa perché finiscono per esercitare un potere notevole, esercitando la giurisdizione al posto dello Stato. Ma certi atteggiamenti rendono riconoscibili: nei territori in cui tutti sanno tutto di tutti non si può non notare determinati comportamenti. Dobbiamo tenere le antenne dritte».

«Pensiamo a bar o ristoranti che non lavorano ma che restano aperti per anni, a quanti entrano e consumano ma non pagano mai, a locali in costante ristrutturazione – ha precisato Mattia Maestri, che con i colleghi ricercatori mette in atto un monitoraggio costante – In Lombardia la ‘ndrangheta ha un radicamento pluriennale. Oggi si registra un cambiamento di pelle: gli ‘ndranghetisti cercano di mimetizzarsi, non vogliono clamore mediatico. Si rafforzano i legami col territorio, con l’usura. In questa zona i nomi sono gli stessi del 1994, la guardia non deve essere mai abbassata».

Tanti i temi affrontati: dai reati ambientali alle assegnazioni di beni confiscati a uso sociale senza il supporto di fondi a disposizione degli enti locali, dal ruolo centrale delle prefetture nella revoca di licenze tramite interdittive antimafia all’efficacia del contrasto patrimoniale in un mondo in cui “finire in carcere è titolo di merito”. Una domanda da parte dei tanti studenti presenti ha riguardato il limite ai pagamenti in contanti elevato dal governo a 5mila euro: «Non è un bel segnale per il Paese – ha risposto Alessandra Dolci – In Italia esiste una economia sommersa enorme, che corrisponde al 12 per cento del Pil. Si tratta di pagamenti in nero o illegali. Ogni volta che effettuiamo sequestri compaiono migliaia di euro in contanti. In un caso 28 scatoloni, ciascuno dei quali conteneva 550mila euro. Servono regole etiche, modelli che rispondano a precisi cammini etici, gli unici che possono contrastare le infiltrazioni mafiose. Rimbocchiamoci le maniche, diamoci da fare. Sosteniamo quanti, spesso giovani, prendono in carica aree da ripulire e rinnovare. Le occasioni ci sono, la cosa peggiore è l’indifferenza, il voltarsi dall’altra parte. E sul fronte istituzionale costituirsi parte civile nei processi è fondamentale perché chi denuncia deve sapere di avere alle spalle una comunità che lo sostiene».

«La mafia a Rho c’è, bisogna tenere presente che questo argomento non riguarda altri territori, ma anche il nostro, come la mattinata di martedì scorso ha dimostrato – ha evidenziato il sindaco Andrea Orlandi, ringraziando le forze dell’ordine presenti in sala – Vedere il nome di Rho accostato al termine “locale” non è piacevole per un sindaco. Come Comune ci costituiremo parte civile nel processo a carico dei 49 arrestati per dare un segnale, per affermare che la nostra città non è allineata con il pensiero di queste famiglie mafiose, e per tutelare l’immagine del Comune. Ho dato mandato agli uffici di preparare quanto necessario e presto i passaggi saranno formalizzati».

La serata si è conclusa con gli interventi della presidente della Commissione consigliare legalità e antimafia, Clelia La Palomenta, e dell’assessore alla Legalità Nicola Violante. La Palomenta ha evidenziato la presenza di un centinaio di studenti di liceo Majorana, liceo Rebora, Istituto tecnico Cannizzaro, Istituto professionale Olivetti, Istituto tecnico Mattei, che otterranno un attestato di partecipazione all’evento: «Con le scuole abbiamo iniziato un importante percorso di formazione/informazione volto all’acquisizione di una maggiore consapevolezza e sensibilizzazione; questo percorso sta diventando sempre più coinvolgente e si sta allargando a macchia d’olio su tutto il territorio rhodense coinvolgendo le associazioni antimafia e la cittadinanza. I ragazzi sono autori delle installazioni presenti in auditorium e in marzo vivremo un nuovo evento al parco della Legalità nato su un terreno confiscato alla mafia. La nostra commissione, sin dal suo insediamento, ha creduto fortemente nel compito che le è stato affidato e ha promosso audizioni e mostre perché crediamo che la cultura e la scuola rappresentino una sfida alla mafia, che si alimenta di povertà educativa. Solo attraverso la conoscenza della realtà che viviamo ognuno di noi può scegliere da che parte stare. Se ognuno di noi continua a fare la propria parte senza fermarsi di fronte alle intimidazioni e senza accettare subdoli compromessi anche nel quotidiano potremo sconfiggere il malaffare e il soldo facile che questa rete cerca di fare entrare in imprese, amministrazioni, attività commerciali».

«La Commissione e l’amministrazione credono da sempre in questi principi – ha ribadito Violante – L’incontro di questa sera ci offre molti spunti, anche sull’utilizzo dei beni confiscati. Qui grazie al bilancio partecipativo è nato il parco della Legalità. Abbiamo faticato ma abbiamo trovato i soldi e di recente l’Agenzia dei beni confiscati ci ha contattato per l’utilizzo di alcuni appartamenti confiscati. Li riqualificheremo, anche con l’aiuto di Regione Lombardia, e avvieremo gli appalti entro il 27 dicembre per destinare quegli spazi a fini sociali. Questa serata rientra in un percorso avviato nella scorsa consigliatura, continueremo nei prossimi anni per far capire a tutti quanto sia importante nelle piccole cose di tutti i giorni non prestarsi a comportamenti illegali. Oggi più che mai è nostro dovere offrire a ognuno gli strumenti per scegliere fra attuare comportamenti rispettosi delle regole o farsi attrarre da azioni che possono sfociare nell’illegalità. Non sono esempi positivi quelli di chi abbandona i rifiuti, parcheggia sui marciapiedi, imbratta i muri, bullizza i compagni o acquista o vende sostanze stupefacenti, o ancora di chi si rivolge agli usurai per ripianare i propri debiti dopo essersi giocato la pensione o lo stipendio con giochi d’azzardo. Insegnanti, amministratori, forze dell’ordine possono e devono svolgere un ruolo educativo e informativo, poi il proprio futuro lo decide ciascuno con le sue azioni».

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Pubblicato il 29 Novembre 2022
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