Fanghi tossici, Parabiago “blocca” le coltivazioni alimentari sui campi coinvolti
Il comune di Parabiago ha chiesto alla due aziende agricole cittadine coinvolte di non coltivare sui campi coinvolti beni destinati all'alimentazione umana e animale
La matassa legata all’inchiesta apertadalla Procura della Repubblica di Brescia sul traffico illecito di rifiuti che avrebbe portato allo sversamento di 150mila tonnellate di fanghi tossici contaminati su 3mila ettari di terreni agricoli in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna, è ancora tutta da dipanare Nell’attesa di conoscere l’esito delle indagini, però, il comune di Parabiago ha convocato le due aziende agricole cittadine che risultano coinvolte nelle indagini in base alla comunicazione ricevuta dai Carabinieri Forestali di Brescia e ha chiesto loro non solo conferma dell’uso dei fanghi ricevuti e della localizzazione degli eventuali spandimenti, ma anche di non coltivare sui campi interessati beni riservati all’alimentazione umana e animale.
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I prossimi passi, invece, restano ancora da valutare: il quadro delle responsabilità legate all’inchiesta – incentrata su una società bresciana attiva nel settore del recupero di rifiuti, che a fronte di lauti corrispettivi ritirava i fanghi prodotti da numerosi impianti pubblici e privati di depurazione delle acque reflue urbane ed industriali e li ridistribuiva come gessi di defecazione senza sottoporli ai trattamenti richiesti per massimizzare i propri profitti -, verrà chiarito solo una volta chiusi gli accertamenti delle autorità, e allora l’amministrazione deciderà come muoversi. La questione è arrivata sul tavolo del consiglio comunale di Parabiago sabato 26 giugno grazie ad un’interrogazione presentata dalla lista civica riParabiago, a seguito della quale l’assessore all’ecologia Dario Quieti ha ripercorso l’iter seguito fin qui da Piazza della Vittoria.
«Appena ricevuta la notizia a mezzo stampa – ha spiegato Quieti -, con una nota del 31 maggio l’amministrazione ha scritto alle autorità e agli enti competenti chiedendo di conoscere se e quali fossero le contaminazioni sul nostro territorio. La richiesta riguardava anche eventuali attività di bonifica da effettuare nel caso vi fosse questa contaminazione. Successivamente alle richieste giunte da cittadini e associazioni, l’amministrazione comunale da sempre ha scritto a Regione Lombardia e Arpa per avviare tavoli per la verifica di questi fanghi: con diverse note che vanno dal 2015 al 2019 abbiamo fatto richiesto di poter operare verifiche su questi spandimenti, cosa che purtroppo ha avuto esiti a noi non noti perché ai tavoli non siamo mai stati coinvolti. Negli ultimi giorni, il 23 giugno, alla nostra richiesta è giunta risposta che ci segnala l’interessamento di alcune aree del nostro territorio e di due aziende agricole. In questo momento sono ancora in essere le attività di indagine, non possiamo dire cosa ci hanno segnalato i Carabinieri né quali sono le aziende coinvolte, ma nella nota viene bene evidenziato che quanto indicato non fornisce indicazioni sulla localizzazione puntuale dei singoli campi oggetto di spandimento, sulle colture effettuate in questi campi nel periodo in questione, sulle quantità e sull’effettivo utilizzo di gessi di defecazione non depurati».
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Una volta ricevuta risposta dal Gruppo Carabinieri Forestale di Brescia, il comune ha preso contatti con le aziende coinvolte. «A seguito della nota abbiamo scritto ad aziende coinvolte chiedendo se effettivamente questi fanghi ricevuti sono stati utilizzati, l’esatta localizzazione di dove sono stati eventualmente effettuati gli spandimenti e cosa è stato coltivato in questi campi – ha aggiunto l’assessore -. Certamente l’amministrazione può aver subito dei danni, e una volta appreso l’esito delle indagini valuteremo se costituirci parte civile, come annunciato anche dal Parco del Roccolo. Le aziende agricole in questo momento potrebbe essere, e noi crediamo sia così, parte lesa, come il comune e tutti noi. Ieri (venerdì 25 giugno, ndr) abbiamo convocato le due aziende chiedendo quanto detto e nel contempo abbiamo diffidato dall’utilizzo di eventuali prodotti residui delle lavorazioni fatte nel periodo indicato dai Carabinieri, e abbiamo chiesto loro di non coltivare su questi campi beni riservati all’alimentazione umana e animale, ma nel caso solo beni destinati alla produzione di energia oppure lasciare i campi in set aside».
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