Dal grammo al kilo, ecco come la banda di “Kojak” distribuiva la cocaina
E' solo uno dei modi con cui la banda del 33enne legnanese detto "Kojak" distribuiva la cocaina proveniente dall'estero e venduta il tutto il Nord Italia
La cliente, una insospettabile addetta alla vendite di un negozio, lasciava i soldi in un sacchetto di sigarette e lo spacciatore lasciava le dosi di droga nel vano portaoggetti dell’auto che la donna poi ritirava. E’ solo uno dei modi con cui la banda del 33enne legnanese detto “Kojak” distribuiva la cocaina proveniente dall’estero e venduta il tutto il Nord Italia tramite una rete ben organizzata. Le indagini, che hanno portato i carabinieri della Compagnia di Legnano ad effettuare 15 arresti nella giornata del 7 maggio, mostrano come l’organizzazione fosse ben collaudata dall’ingrosso al dettaglio.
I distributori al dettaglio si servivano di una rete di spacciatori che facevano lavori comuni, come il pizzaiolo o la commessa, e che vendevano sul territorio la cocaina cercando di pagarla il meno possibile. Tra gli arrestati anche una 34enne di Busto Garolfo che pur di ottenere un pagamento per la droga inferiore rispetto a quello previsto, era infatti riuscita a rifilare al fornitore una delle scuse più usate dagli studenti delle medie: “E’ morta mia nonna” arricchendola ed adeguandola all’età con “ho dovuto pagare io i funerali”.
DOVE VENIVA NASCOSTA LA DROGA
Ingegnosi anche i sistemi per nascondere la polvere bianca. L’attività de “Il professore” è stata scoperta grazie all’aiuto di “Denver” un cane cinofilo: nell’auto dello spacciatore era infatti stato costruito un sistema per nascondere la droga. Sotto i sedili un cavo bicolore posticcio, messo in corto con una batteria da auto, faceva scattare un meccanismo nel portabagagli che sbloccava una lastra. All’interno è stato trovato un sacchetto con un blocco di cocaina purissima di oltre un chilogrammo. In un sacchetto multicolore, sempre presente nel vano, 12 mazzette di denaro, sigillate con cellophane, ognuna contenente 5mila euro. A questo punto, flemmatico o no, il Professore è stato ammanettato e portato al Carcere di Busto Arsizio.
Gli investigatori, una volta compreso il modus operandi del gruppo criminale legnanese, sono inoltre riusciti inoltre ad identificare chi fosse il loro fornitore, ovvero J.A. italiano 38enne, detto il “Mulo” per essersi fatto realizzare da un suo conoscente un poster che riprendeva la locandina del film “The Mule” di Clint Eastwood. L’indivuduazione del fornitore ha portato all’arresto de “Il Padrino”, altra figura chiave dell’organizzazione nella cui macchina i carabinieri hanno trovato 3 chilogrammi di cocaina purissima, che lo stesso aveva dichiarato di possedere per uso personale, prima di essere arrestato.
SESTO CALENDE
“Il Padrino”, R.S., 68enne Legnanese, era il responsabile anche delle consegne che avvenivano in particolare in favore di uno spacciatore di Sesto Calende. Le consegne, avevano una cadenza quindicinale, e di queste se ne occupava detto il “Padrino” che il giorno precedente preparava la macchina, una delle citycar nere (si è scoperto che i delinquenti utilizzavano piccole autovetture praticamente uguali tra loro, due Peugeot 107 ed una Citroen C1, intestate agli stessi componenti del gruppo, nessuna a Kojak, tutte nere e tutte munite di imbosco per la droga), “farcendola” della droga poi andandola a parcheggiare in uno dei Box di Villa Cortese che erano a sua disposizione, uno in Via Lussemburgo ed uno in Via Caboto. Al mattino successivo partiva e si recava nel centro varesino dove incontrava il suo cliente in un bar in riva al lago. I due, dopo aver consumato un caffè, si spostavano all’autovettura effettuando lo scambio. Il denaro veniva recuperato la settimana successiva con le medesime modalità ma in un’area diversa del lungolago.
Dettagli anche sul negozio outlet del centro di Legnano di cui era titolare la famiglia di Kojak. Non sono state documentate attività di cessione all’interno dello stesso dove lavorava anche la moglie L.N. 29enne albanese, anch’essa arrestata lo scorso 7 maggio, e per questo detta “Commessa”. Di certo era un luogo di incontro frequente tra il Padrino e il suo capo, che anche lì portava e prelevava i pacchi sospetti prima di recarsi poi nei vari luoghi a disposizione della banda.
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