Morte delle sorelle Agrati, la difesa chiede la scarcerazione per il fratello accusato di omicidio
La difesa di Agrati ha chiesto alla Corte d'Assise di Busto Arsizio di mettere fine alla custodia cautelare in carcere in favore di un obbligo di presentazione quotidiano alla polizia giudiziaria
Torna a chiedere la scarcerazione di Giuseppe Agrati la difesa dell’uomo, accusato del duplice omicidio delle sorelle Carla e Maria morte nell’incendio che avvolse l’abitazione di famiglia in via Roma a Cerro Maggiore nella notte tra il 12 e il 13 aprile 2015. I legali dell’imputato avevano già fatto un primo tentativo in questo senso a febbraio, qualche mese dopo l’inizio del processo, chiedendo per lui il “passaggio” agli arresti domiciliari, ma senza fortuna. E a margine dell’udienza di oggi, martedì 5 ottobre, sono tornati a chiedere alla Corte d’Assise di mettere fine alla custodia cautelare in carcere in favore di un obbligo di presentazione quotidiano alla polizia giudiziaria con un deciso «noi da qui non ce ne andiamo senza Agrati».
«Oggi ci è consentito di valutare a ragion critica tutto quanto il quadro indiziario evidenziato dal GIP, ed anzi ritengo che ad oggi per quanto emerso dal processo risulti indimostrata la presenza di qualsivoglia innesco doloso all’interno dell’abitazione – ha sottolineato l’avvocato Giuseppe Lauria in aula rivolgendosi alla Corte -. Sono state peraltro superate anche le osservazioni sulla necessità di effettuare una perizia personologica e psichiatrica circa la personalità dell’imputato da mettersi in connessione con il tipo di delitto per cui si procede: le singolari affermazioni rese hanno trovato giustificazione nella sussistenza di tratti psicopatologici di mitomania, che rileva non tanto perché introduce incapacità o disfunzionalità importanti, ma rispetto all’invalidazione delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio. Agrati è incensurato e il 23 ottobre compirà 70 anni: la giurisprudenza prevede in questi casi per il mantenimento della custodia cautelare in carcere la sussistenza di accertate esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, mentre qui mi permetto di dire che qui di esigenze cautelari non ce ne sono proprio più».
Alla richiesta si è opposta il pubblico ministero Maria Speranza Vittoria Mazza, che ritiene invece «le esigenze cautelari tuttora esistenti» e ha sottolineato come non sia cambiato nulla rispetto all’inizio del processo e tutto dipenda dai risultati della nuova perizia voluta dalla Corte d’Appello sulle cause all’origine del rogo. Considerazioni, quelle della Procura, che hanno trovato sponda anche nei difensori delle parti civili. Spetterà ora alla Corte decidere se l’uomo, che dell’incendio di sei anni fa è l’unico superstite, dovrà rimanere in carcere.
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