Dantedì: Dante maestro di vita, attualissimo e contemporaneo
Continuano le riflessioni a cura della associazione Liceali Sempre di Legnano
Il Canto XI del Purgatorio si apre con la mirabile versione del “Padre Nostro” recitato dai Superbi: siamo infatti nella Prima Cornice, laddove Dante ha collocato le anime che, in vita, si macchiarono di questo – la Superbia – tra i sette peccati capitali. Qui Dante e Virgilio incontrano, tra gli altri, Oderisi da Gubbio. Proprio a costui il sommo poeta fa recitare i celeberrimi versi:
“Credette Cimabue ne la pittura
tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,
sì che la fama di colui è scura:
così ha tolto l’uno a l’altro Guido
la gloria de la lingua; e forse è nato
chi l’uno e l’altro caccerà del nido.”
[Purgatorio, 94-99]
A chi fa riferimento Dante? È opinione diffusa e confermata tra i critici, che colui il quale “caccerà del nido”, ovverosia supererà in fama e grandezza entrambi i “Guidi” – Guinizzelli, padre del “Dolce Stil Novo” e Cavalcanti, suo grande amico – sia lo stesso Dante. Il quale era di fatto incline a peccare di superbia e sapeva, per indole e predisposizione naturale, di cadere spesso in questa “debolezza”.
Il sommo poeta ne era ben consapevole, non a caso parla di sé proprio nella Cornice dei Superbi.
Consapevole! Appunto: la consapevolezza di sé appartiene ai grandi uomini, sempre. Consapevolezza dei propri limiti, difetti, ma anche della propria – in questo caso immensa – grandezza!
L’Alighieri è poeta infinitamente superiore ai pur bravi e talentuosi amici citati dall’ eugubino. E Dante sa per certo, lo “sente”, che sta per realizzare un’opera, la Commedia, tra le più grandi della letteratura mondiale di tutti i tempi. Un’opera che verrà consegnata alla storia ed all’immortalità, proprio come il suo stesso estensore. Possiamo dunque definire Dante superbo, vanaglorioso? O non è egli semplicemente consapevole, autentico? Nel corso dei secoli, la Critica si è molto divisa sul tema.
Personalmente propendo per la seconda ipotesi. Dante sa di essere grande. Il più grande di tutti. E non ne fa mistero. Tutto qui. Mai come oggi dovremmo trarre insegnamento, l’ennesimo fornitoci dal “padre”, dall’esempio dantesco. Viviamo tempi difficili, molto complessi. Tempi nei quali uno dei tumori più pericolosi per la Società contemporanea è rappresentato dall’ipocrisia, nelle sue varie forme e sfaccettature. Tra queste, proprio la cosiddetta “falsa modestia” è divenuta ormai endemica, tanto subdola quanto odiosa. Spesso praticata astutamente, quale arma di “difesa preventiva”, proprio dai più arroganti, prepotenti e prevaricatori tra gli uomini. Insegnare ai nostri ragazzi ad essere
fieramente consapevoli di se stessi, a superare le proprie insicurezze ed incertezze, quindi, in ultima analisi, a credere in se stessi e a non aver paura di osare per realizzare i propri sogni ed ideali, sarebbe un ottimo antidoto contro questa pessima attitudine dilagante.
Partendo proprio dalla lezione, attualissima, del sommo poeta.
Michele Pugliese, milanese di nascita, legnanese per amore
per Associazione Liceali Sempre
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