Crisi Teva a Nerviano, i lavoratori in presidio bloccano il Sempione: «Il lavoro è dignità»
Il presidio dei lavoratori TEVA, che chiedono all'azienda di salvare lo stabilimento di Nerviano, nell'arco della mattinata ha bloccato a più riprese la statale del Sempione
Striscioni, cartelli, bandiere, campanelli, fischietti, perfino una sirena: 250 lavoratori della TEVA di Nerviano hanno incrociato le braccia scendendo in presidio davanti allo stabilimento di via Pasteur per chiedere all’azienda, che circa un mese fa, come un fulmine a ciel sereno per i 360 dipendenti, ha annunciato la chiusura del sito, di tornare sui propri passi.
L’azienda farmaceutica Teva chiude la produzione a Nerviano: coinvolti oltre 350 lavoratori
A più riprese i lavoratori, ai quali ha portato sostegno anche il sindaco di Nerviano Massimo Cozzi, per tutta la mattinata hanno bloccato la statale del Sempione sulla quale affaccia lo stabilimento TEVA, impedendo ogni volta per una manciata di minuti il passaggio delle auto e dei numerosi mezzi pesanti che percorrono l’arteria stradale, causando non pochi disagi al traffico. E mostrando agli automobilisti cartelli e striscioni per ribadire che “il lavoro è dignità” e che in ballo c’è il futuro di 360 famiglie e per mette – ironicamente ma non troppo – in vendita lo stabilimento.
«L’azienda circa un mese fa dall’oggi al domani ha deciso di chiudere lo stabilimento di Nerviano – spiega Marco Napoli, sindacalista della FEMCA – CISL -. Nonostante gli incontri con l’azienda, con il sindaco di Nerviano e con la Regione non c’è stato avanzamento rispetto alle nostre richieste, in primis il mantenimento dello stabilimento e dei posti di lavoro. I dipendenti lavorano qui da tantissimi anni, sono legati all’azienda e al loro impiego ed hanno un unico obiettivo: poter continuare a lavorare qui. Qualora non fosse così sarebbe un problema per le 360 famiglie e per l’indotto, che su Nerviano lavora anche grazie a Teva Actavis, e di conseguenza riteniamo utile e importante l’incontro che abbiamo chiesto al MISE, che ci auguriamo prenda a cuore questa vertenza in termini non sono propagandistici ma anche e soprattutto fattivi e pratici. Vorremmo che da questa esperienza si tornasse a casa con un risultato davvero importante: non solo il ricollocamento nel mondo del lavoro delle persone, ma soprattutto l’interessamento di qualche società del settore che possa acquisire lo stabilimento e i lavoratori, anche perché parliamo del settore farmaceutico che, paradossalmente, in questo periodo non dovrebbe aver subito i risvolti negativi dalla pandemia».
Una strada per tenere aperti i battenti dello stabilimento di via Pasteur potrebbe essere quella di portare a Nerviano produzioni alternative: una su tutte quella dei vaccini anti-Covid, prospettiva alla quale i sindacati intendono lavorare insieme alle istituzioni, Ministero dello Sviluppo economico in testa. «Siamo qui in presidio per sensibilizzare l’azienda a ritornare sui suoi passi e reinvestire nello stabilimento, provando a portare produzioni alternative a quelle che ci sono oggi, ma anche l’opinione pubblica e le istituzioni, a partire dal comune e dalla regione, in attesa dell’incontro che abbiamo già richiesto al Mise – sottolinea Francesco Restieri della FILCTEM – CGIL -. Abbiamo già un incontro fissato in Regione il 29 maggio, ci aspettiamo alcune risposte per far sì che non si disperdano professionalità e competenze e per far sì che questo sito rimanga qui a lavorare per l’arricchimento del territorio e della Regione e, visto il tipo di farmaci che può produrre questo stabilimento, anche del sistema Paese. Valutando anche la possibilità della produzione dei vaccini, visto che l’azienda stava già tentando di arrivarci: se fosse una strada percorribile, potrebbe essere la soluzione al problema che abbiamo oggi sul tavolo».
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