“Scheggia”, da Radio Wonderful Music a Draghi, passando per Vasco e Camus
Franco Re nel pensiero di un amico che vuole ricordarlo attraverso le sue passioni, la sua disponibilità, le sue capacità critiche
A volte sai di una persona solo quando muore. “Scheggia” era un soprannome che era diventato negli anni un nome vero e proprio. Se si diceva Franco Re nessuno era in grado di identificare, ma se si diceva “Scheggia” allora tutti avevano una precisa fisionomia e una voce a cui riferirsi. Nella sua vita si era occupato un pò di tutto e un pò di niente; il mio ricordo risaliva alla giovinezza, quando saltuariamente faceva parte della nostra compagnia e ci tormentava sempre con opinioni, tra il serio e il bislacco, fossero esse sulla musica, sullo sport, sulla politica o sulle donne. Dall’aspetto raffinato e signorile, quel tanto di dandy come si può essere dandy alle soglie del ventunesimo secolo.
Nell’omelia, Monsignor Angelo Cairati, non ha nascosto il suo imbarazzo a dover ricordare una persona di cui non aveva alcun riferimento storico, famigliare o sentimentale, ma le parole di Giancarlo hanno ridato vita a quella solitudine, apparente, forse teneramente sofferta, ma anche dignitosamente condivisa, che ha giustificato la folta presenza di tutti quelli che avevano in qualche modo seguito il suo percorso e le sue riflessioni. E’ riaffiorato il suo grande amore per la musica e il suo pionierismo nella fondazione di Radio Wonderful Music a metà degli anni ’70, le sue passioni, la sua disponibilità, le sue capacità critiche, spesso pungenti.
Io, che disdegno i social, ho voluto riprendere la sua pagina FB perché vi avevo letto qualche sua sentita riflessione in particolare negli ultimi mesi di malattia e devo dire che ho ritrovato una persona speciale nell’affrontare i temi della solitudine, della vita e della morte. Una pragmatica consapevolezza e lucidità nell’attesa del colpo di falce definitivo e nello stesso tempo una invidiabile serenità che gli ha fatto vivere mesi, settimane e infine giorni nella contemplazione del giusto, del vero e del bello, nella scienza, nella filosofia, nell’arte, nella musica e nella natura. Ha saputo cogliere le immagini più belle, ha fatto suoi gli aforismi più significativi, fossero di Vasco, di Camus o di un anonimo sopravvissuto di Auschvitz che auspicava l’undicesimo comandamento: mai essere indifferenti.
Scheggia non è stato indifferente e fino all’ultimo ha partecipato. Le sue pillole sono state conforto per sè e stimolo per gli altri, in un periodo storico di pandemia devastante in cui la paura e la fragilità psichica l’hanno fatta da padrone. La maestosità delle cime della Patagonia, il sorriso di Vasco, il cielo stellato di Van Gogh che “non era allegro, neppure triste, era solo bello..”. “La vita è un transito..” Diceva solo un paio di settimane fa “.. è fatta di giorni che non significano niente e di momenti che significano tutto..” E con quella ironia che ha sempre caratterizzato le sue opinioni e i suoi giudizi, così ha stigmatizzato la sua partenza: “Lascerò questa vita felice, sapendo che la mia Italia è stata affidata a Mario Draghi”.
Filippo Bonzi
(foto in copertina di Giancarlo De Angeli)
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