La Shoah spiegata ai bambini
L'importanza di educare alla compassione da piccolissimi e gli albi illustrati giusti, strumenti utili anche per trovare le parole giuste
Storie e immagini degli albi illustrati aiutano a raccontare la Shoah ai bambini. Ne sono convinte l’educatrice e illustratrice Chiara Ghinassi e la psicoterapeuta Marta Zighetti dell’associazione Essere Esseri Umani.
Fedeli al principio che “non ci sono verità inenarrabili ai bambini, bisogna solo scegliere il modo giusto per dirle“, le esperte propongono un approccio adeguato ad ogni età, anche per una delle pagine più tremende della storia, quella della Shoah, cui è dedicata la Giornata della memoria del 27 gennaio.
FOTO E DOCUMENTARI: MEGLIO ASPETTARE
Foto e filmati storici o documentari sulla Shoah non sono adeguati per i bambini, soprattutto se piccoli: “Il rischio è che passi più la paura che la necessità di coltivare atteggiamenti sociali positivi, cooperativi, empatici, rispettosi e accoglienti perché simili orrori non possano ripetersi” spiega l’educatrice Chiara Ghinassi. “L’albo illustrato invece è uno spazio tutelato, sempre mediato dall’adulto. Le immagini sono suggestive, evocative ma non realistiche, quindi trasmetto il messaggio in modo non traumatico e soprattutto sono un punto di partenza per il confronto con il genitore o l’insegnante che lo propone”, aggiunge l’esperta.
L’albo illustrato può essere quindi considerato “uno strumento già pensato e ponderato, utile anche all’adulto che non è sicuro di trovare le parole giuste”. E questo vale per la Shoah come per altri temi difficili da affrontare con i bambini, come la guerra o la morte.
NELLA PRIMA INFANZIA 0-6 ANNI
Di solito in questa fascia di età non si parla direttamente di Shoah, ma è comunque importante raccontare ai bambini storie che valorizzino i comportamenti sociali virtuosi come accoglienza, rispetto, cooperazione ed empatia. Temi in cui è più facile immedesimarsi perché riconoscibili nella vita di ogni giorno.
“Un libro che a me piace molto e che penso possa essere utile anche per i più piccoli, pur non parlando esplicitamente di olocausto o campi di concentramento è “Oltre il muro” – afferma Ghinassi – mentre è un caso più unico che raro “Il cavaliere delle stelle“, la storia di Giorgio Perlasca dipinto come un cavaliere, un eroe che prova ad aiutare tutti, e quindi fa esplicito riferimento alla Shoah e consigliato già dai 4 anni”.
BAMBINI DAI 6 AI 10 ANNI
A questa età possono cominciare ad essere adeguate le testimonianze dirette, purché dedicate esplicitamente a un pubblico di bambini e sempre avendo cura di introdurre prima il tema della Shoah, con l’aiuto dei libri. “Il consiglio, sempre valido è che l’adulto legga per primo, da solo, l’albo illustrato per farlo proprio e decidere se è adeguato al proprio bambino”, precisa Ghinassi segnalando per questa fascia di età numerosi titoli.
A cominciare da “Come ali di gabbiano” , “Il volo di Sara” o ancora “Otto – Autobiografia di un orsacchiotto” di Tomi Ungerer e “La Shoah e il Giorno della Memoria” di Lia Tagliacozzo e Angela Ruta per la collana “Che storia” di Edizioni EL. “Un altro libro che mi piace molto è “L’albero di Anne“, in cui è l’albero su cui si trova la cassa si Anna Frank a raccontarne la storia. Con molta delicatezza e altrettanta efficace”, spiega Ghinassi.
EDUCARE ALLA COMPASSIONE
“Secondo Jack Saul, grande studioso del trauma, la narrazione e la drammatizzazione di quanto accaduto sono risorse utili a superare una tragedia collettiva anche per chi l’ha vissuta e subita sulla propria pelle”, aggiunge Zighetti con riferimento alla pedagogia della compassione come “medicina universale”.
“L’albo illustrato è un pretesto gradito al bambino utile anche a passare una serie di contenuti importanti e difficili da processare, anche con riferimento alla sfera delle emozioni come rabbia, frustrazione, paura – spiega la Zighetti – Raccontare anche una pagina difficile come quella della Shoah ai bambini è fondamentale anche per insegnare loro compassione, che è conseguenza della cooperazione e della cura. La compassione non è pena e neppure semplice empatia ma contiene in più la motivazione ad alleviare il dramma. La compassione, come la gentilezza, si può e si deve insegnare ai bambini per renderli adulti migliori”.
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