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Il giorno e la storia – Osvaldo Selmi coinvolto nel più grave incidente navale

Uno dei fuochisti dell’Ardente aveva 20 anni ed era di Legnano:

Il giorno e la storia, mese di gennaio

12 gennaio 1943 – Osvaldo Selmi coinvolto nel più grave incidente navale
Tratto (testo – ridotto – e fotografie) da http://conlapelleappesaaunchiodo.blogspot.com/2014/04/ardente.html.

Uno dei fuochisti dell’Ardente aveva 20 anni ed era di Legnano: Osvaldo Selmi.
L’Ardente era una Torpediniera di scorta classe Ciclone tipo Ardito: 1800 tonnellate a pieno carico. Suo compito era «scortare i convogli in navigazione tra Italia ed Africa Settentrionale, effettuando servizio breve ma intenso tra Tunisi, Biserta, Messina, Palermo, Napoli e (più di rado) Trapani e Pantelleria.
Nella notte tra l’11 ed il 12 gennaio 1943, l’Ardente (al comando del tenente di vascello Rinaldo Ancillotti) e la gemella Ardito (CC Silvio Cavo) stavano rientrando in Italia dopo aver scortato a Biserta il convoglio veloce composto da Roselli, Manzoni ed Oriani.

Sulla stessa rotta ma in direzione opposta, da Palermo verso Biserta, stava navigando una sezione di due cacciatorpediniere in missione di trasporto truppe tedesche: il Nicolò Zeno, al comando del CF Angelo Lo Schiavo, ed il Grecale, al comando del capitano di fregata Luigi Gasparrini.

Il personale era ai posti secondo le regole della navigazione di guerra, e la vigilanza era stata intensificata in previsione di possibili attacchi notturni da parte di unità leggere nemiche, che insidiavano quelle acque. Ciononostante, la notte trascorse tranquilla, ci furono solo alcuni allarmi aerei senza seguito.
Sul Grecale, il comandante Gasparrini valutò la visibilità in appena un chilometro, a causa della notte estremamente scura. C’era vento di prora, e la plancia era continuamente investita dalle forti incappellate. I proiettori della difesa costiera installati a Levanzo e sulla costa siciliana non aiutavano, anzi disturbavano ulteriormente la vista.

Sull’Ardente, non essendo il comandante in plancia e dovendosi di lì a poco svolgere il cambio di guardia, la vigilanza era forse meno stretta che sul Grecale, ma comunque adeguata alla situazione. Il guardiamarina Caprile, giovane ufficiale con ancora poca esperienza, doveva essere stanco, dopo le quattro ore del turno di guardia notturno. L’avvistamento di Grecale e Zeno da parte della torpediniera sarebbe poi risultato più difficile, rispetto a quello delle torpediniere da parte dei caccia, dal fatto che questi ultimi provenivano dalla Sicilia, e le loro sagome si sarebbero confuse con quella nera dell’alta costa dell’isola, specialmente del vicino promontorio di San Vito, che si trovava davanti all’Ardente.

Erano da poco passate le quattro del mattino del 12 gennaio quando, da bordo dell’Ardente, venne avvistato il Grecale in avvicinamento: ma il buio e la scarsa visibilità (era una notte piuttosto scura, con nuvole basse, mare agitato da ponente-libeccio e piovaschi) avevano ritardato l’avvistamento a tal punto da rendere ormai impossibile ogni manovra per evitare la collisione. Sulla plancia dell’Ardente, il guardiamarina Caprile probabilmente scorse all’improvviso il Grecale sulla dritta, ed ebbe solo il tempo di gridare al timoniere Rossi, forse dieci secondi prima della collisione, “Attenti, attenti una motosilurante! Vira tutto a sinistra”. L’ordine venne subito eseguito, ma era ormai troppo tardi.

Su Grecale il comandante Gasparrini vide apparire la sagoma dell’Ardente, a soli 600 metri di distanza, che veniva verso la sua nave, diritta di prua. Pochi secondi più tardi il Grecale speronò la torpediniera sul lato di dritta, a centro nave, tra plancia e fumaiolo.

Erano le 4.04. Non era passato più di mezzo minuto dall’avvistamento, tanto che non c’era stato nemmeno il tempo per completare le manovre ordinate. La collisione ad elevata velocità causò non solo gravissimi danni allo scafo della torpediniera (la nave fu sventrata per due terzi della sua larghezza), ma anche lo scoppio della caldaia numero 2, cui seguì un furioso incendio causato dalla nafta. L’esplosione fu sentita anche sul Grecale, tanto che il comandante Gasparrini pensò fossero state le munizioni tedesche sulla propria nave, prima di vedere che era l’Ardente a bruciare.

La maggior parte dell’equipaggio dell’Ardente rimase ucciso nella terribile collisione, e la nave, ridotta ad un relitto galleggiante senza speranza di salvataggio, rimase alla deriva per un’ora e tre quarti prima di soccombere. Intanto, continuava a bruciare furiosamente, con continue esplosioni in coperta. Affondò di prua, lasciando sul mare una vasta chiazza di nafta che continuò a bruciare, e decine di naufraghi.Il recupero dei naufraghi, da parte dell’Ardito, dello Zeno e di unità minori fu ostacolato dalle avverse condizioni meteorologiche. Molti uomini, forse ancora più di quelli rimasti uccisi nella collisione e nell’incendio, morirono nel mare freddo e burrascoso in attesa di essere salvati.»

Il nostro concittadino Osvaldo Selmi, fuochista, marinaio di leva, risulta purtroppo nell’elenco dei deceduti.
«Sul disastro, che per danni e perdite fu il peggior incidente verificatosi nei tre lunghi anni della battaglia dei convogli tra l’Italia e l’Africa Settentrionale, venne condotta un’inchiesta da parte dell’ammiraglio di divisione Lorenzo Gasparri: nessuna delle due unità aveva commesso errori di manovra, la causa principale del disastro risiedeva nelle avverse condizioni meteorologiche, oltre che nel fatto che entrambe le navi stessero procedendo a luci oscurate su rotte esattamente opposte, come da ordini.»
Un incidente: 126 tra morti e dispersi.

Renata Pasquetto

Redazione
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Pubblicato il 12 Gennaio 2021
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