Capodanno da Silvano (2)
di Abramo Vane
Qualcuno ha fatto la spia, come ai tempi del Kgb in Russia. Il Beppe Colombo l’altra sera tornando a casa è stato bloccato dai carabinieri, e gli è andata bene perché ha pagato la multa di 400 euro. Se gli avessero fatto l’alcol test era peggio. Suo cognato che abita di fronte al bar di Silvano, che quello spiritoso dell’RPK ha ribattezzato Il Bar dei Birla, è stato fermato alle tre di notte e portato in questura come un partigiano della brigata Garibaldi. Non gli hanno dato l’olio di ricino, ma due ceffoni sì. Lui non ha parlato.
– Sono andato da mia mamma che ha ottant’anni e ha preso il coronavirus – ma l’alibi ha funzionato solo quando ha tirato fuori un certificato medico compilato dal dottor Fuscari.
Silvano si è messo al riparo. Ha murato la porta di dietro, che adesso solo lui può aprire dal di dentro e chi non lo sa dall’esterno non la vede nemmeno. La saracinesca davanti in strada è abbassata, e lui il bar a mezzogiorno non lo apre. La vita inizia con l’aperitivo serale, quando gli altri chiudono e i cagasotto vanno a dormire, col coprifuoco, come se fossimo in guerra e arrivassero gli aerei a bombardare gli innocenti. E chi glielo a questi dice che la guerra era un’altra cosa? Il clima si è fatto più teso ultimamente, e il dottor Fuscari si è messo a scrivere certificati a tutto spiano. Il televisore è spento e nessuno vuol vedere le partite di calcio perché il calcio senza pubblico è un topo morto che puzza.
Fabio Fabian, in questa ultima serata dell’anno, per sciogliere le tensioni, è salito sulla sedia e ha declamato una sua poesia in dialetto veneto.
A conclusione un coro di bravo bravo, al nostro poeta! accompagnato da un’alzata di boccali.
Giò Bassi ha preso la chitarra e Mimì ha cantato canzoni del vecchio west, così la serata ha preso quota. Un brindisi a Fabian, uno a Giò, un altro a Mimì, e il prossimo vedremo.
A mezzanotte la moglie di Silvano è entrata in sala con il cotechino e le lenticchie. Il Beppe Colombo, che era arrivato in bici passando nei boschi, ha alzato il boccale per il brindisi di fine anno.
– Brindiamo al 21, che sarà senz’altro peggio del 20.
L’Anselmo ha scosso la testa.
– Ma cosa dici? Con il vaccino il terrorismo sulla gente non avrà più senso e le persone torneranno libere.
– Scemo, non hai capito che il Beppe scherza? – l’ha rimproverato l’Ettore Bignante, che poi ha alzato le braccia chiedendo il silenzio.
– Un attimo d’attenzione, prego, un attimo d’attenzione. Adesso consegnatemi tutti i vostri telefonini, smartphone e qualsiasi strumento che possa essere intercettato.
Li ha messi in una borsa dell’Esselunga ed è sparito su di sopra, poi è tornato distribuendo un foglio a tutti con su una lista di nomi.
– Ragazzi, ragazzi – di nuovo l’Ettore ha chiesto il silenzio.
– Al primo della lista ci penso io! L’operazione è questa: ognuno di noi ne fa fuori uno. Qualunque cosa accada noi non ci conosciamo.
– Che bello scherzo – ha detto l’Anselmo, ubriaco sul suo bicchiere di birra. Nessuno gli ha risposto.
– Questo non è uno scherzo, scemo!
Racconto di Abramo Vane
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