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«I presidente regionali, da governatori a… sovrani, producono uno stato ad “autonomia differenziata”»

costituzione italiana lunga

3 Dicembre 2020

In un ‘intervento di un noto docente universitario, Gaetano Azzariti , docente di Diritto Costituzionale alla Sapienza su un noto quotidiano nazionale ( Il fatto Quotidiano), evidenziava  come il regionalismo ha mostrato tutti i suoi limiti,  e di come la modifica del titolo V (il centro sinistra approvò la riforma del Titolo V della Costituzione, che ridisegna le competenze legislative di Stato e Regioni  nel 2001) non ha affatto aiutato i cittadini ad esercitare  a meglio tutti quei diritti che sono stati sanciti  dalla nostra  Costituzione, il primo tra questi , il diritto alla salute.

Infatti, il docente, sosteneva  che da quando, il centro sinistra approvata la riforma del Titolo V della Costituzione ed a  vent’anni di distanza  in molti ormai  si concorda  nel dire  “che qualcosa è andato storto”. Delineava, al contempo il sopracitato docente, anche i seguenti punti critici da una parte  l’essere venuti  meno a i valori costituzionali questa : “In questo momento ci sono due incomprensioni: una riguarda la gravità della situazione, l’altra i valori costituzionali che sono in gioco sia rispetto al diritto alla salute  che è un diritto universale, così come è scritto nella nostra Costituzione, come viene come viene sostenuto anche nell’articolo 117, dove si sostiene  che “ la profilassi è di competenza  esclusiva dello stato centrale”, e dall’altra  i” presidenti delle regioni” che  intendono far valere le loro competenze ordinarie in materia di sanità, commercio e gestione del territorio.
Il docente , in tale frangente,  si poneva la domanda  come  si poteva continuare ad accettare  ciò  che  stava accadendo a fronte del fatto  che  tale richiesta  di prerogative da parte dei presidente dei diversi consigli regionali avveniva con dei dati di mortalità (800 morti al giorno), mai visti prima, con una sanità che praticamente è al collasso?

Ed ancora il   docente, di diritto costituzionale, evidenziava   come  doveva  essere  distinta, in termini costituzionali , la  gestione di servizi  che certamente sono di competenza regionale , ma che altro era la questione  dell’effettivo esercizio del diritto alla salute che certamente  deve essere  assicurato  a tutti sul territorio nazionale.
Infatti, si sosteneva   conseguentemente, che i Lea ( livelli essenziali di assistenza, che sono standard nazionali)  dovrebbero  garantire un intervento omogeneo su tutto il territorio nazionale , il problema è che in questo momento il servizio sanitario praticamente ovunque è al collasso perché in tutte le regioni, dove di più  e dove meno, non sono più garantiti i servizi di pronto soccorso e diagnostica extra Covid.  “Non si discute”, si dice nell’intervista, “soltanto del cattivo funzionamento del sistema sanitario (che è un enorme problema), ma dell’impossibilità di accesso al servizio sanitario (che lo è ancor più)”.
In questi casi il governo può, anzi deve, intervenire. Potrebbe farlo persino più incisivamente di come non abbia sin qui operato. In Costituzione è previsto, all’art. 120, che lo Stato possa nei casi di grave pericolo per l’incolumità pubblica sostituirsi alle Regioni, un potere che non è mai stato utilizzato in questi mesi”.

Non è un caso, sostiene Azzariti, che il Presidente della Repubblica, Mattarella, puntualmente “ha richiamato Stato e Regioni alla collaborazione in nome del benessere di tutti. Come si concilia l’unità nazionale con le articolazioni locali? O con i sindaci che dicono, sottotraccia, “di non volere mettere in campo risorse per i malati  che non sono nostri”.

In questo senso, continua l’esperto costituzionalista, ci troviamo  di fronte ad un ‘espressione che la dice lunga  a proposito  della  attuale  ”Barbarie  culturale “, cifra di una  degenerazione dell’ autonomia declinata nel verso dell’egoismo regionale.

Discorsi inaccettabili che vengono meno, a quanto è scritto nell’articolo 120 della Costituzione a proposito delle prerogative regionali  e che scaraventano tali organismi  della Repubblica in un contesto extra costituzionale , molto  più similare  a chi  propone “l’autonomia differenziata”, proprio attraverso una lettura distorta dello stesso  articolo 116. Dov’è in realtà attraverso si tale distonica lettura,   che si potrebbe definire “tribale” (indirizzando il nostro regionalismo verso un modello competitivo e non solidaristico), si va ad ipotizzare uno stato non più, appunto, di tipo  “ regionalista”, ma uno stato ad “autonomia differenziata” , discorsi, orbene, ben pronti ad accettare  la trasformazione dei Presidente Regionali in  “Governatori”, se non addirittura  “sovrani”, “sovrani “ anche di poter decidere  anche negli “stati di eccezione”.

L’intervista  si è conclusa  con una valutazione significativa  del disastro  che  si è incappati con la modifica del Titolo V  del 2001, un disastro  che  si doveva evitare, ed a cui  con difficoltà in questo contesto istituzionale e sociale  si potrà porre rimedio , anche  perché  si tratterebbe di modificare  in modo radicale  l’attuale ruolo che  viene dato alla Conferenza stato Regioni  dove  si sta consumando, allo stato delle cose, un passaggio importante dell’attuale crisi istituzionale che sta attraversando la Repubblica Italiana, il cui primo articolo recita  “ fondata sul lavoro” e  che la “sovranità appartiene al popolo”.

Cosimo Cerardi

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