Legnano – Economia e società nell’800: Moroni e filande, la seta, meteora legnanese
"Legnano, Economia e Società nell'800", un progetto a cura di Gianni Borsa, giornalista legnanese, conosciuto anche per la sua attività di storico
Terzo appuntamento con “Legnano, Economia e Società nell’800”, a cura di Gianni Borsa, giornalista legnanese, conosciuto anche per la sua attività di storico, manifestata di recente con uno studio, in sede universitaria, della Legnano tra la fine del ‘700 e tutto l’800, in particolare sul piano economico e sociale.
Sull’800, parecchio il materiale raccolto, anche perchè, secondo Borsa, è il secolo che dà davvero la svolta al piccolo borgo contadino, che preannuncia la “costruzione” della Legnano moderna.
Oggi, la terza puntata: Moroni e filande: la seta, meteora legnanese
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Moroni e filande: la seta, meteora legnanese
Fra il terzo e il quinto decennio del XIX secolo si registra a Legnano una decisa “accelerazione” dello sviluppo del settore cotoniero. Ma non si possono trascurare – in parallelo – altre attività, pur di modesta portata economica. Si tratta di produzioni artigianali e manifatturiere tradizionalmente esercitate nel borgo, fra cui la lavorazione di pelli conciate, la produzione di mattoni e laterizi per l’edilizia, nonché l’attività molitoria. Tra queste,un capitolo a sé merita – anche perché generalmente dimenticata – la trattura della seta, con il sorgere delle filande seriche che lavorano la materia prima locale.
La produzione gelsi-bachicola acquista in questi anni un ruolo determinante in alcune zone di pianura asciutta e medio-collinari lombarde, dove si dedica notevole cura ai gelsi e alle foglie. Usufruendo della materia prima prodotta in zona, viene compiuta l’operazione più elementare del processo serico: la trattura del filo dal bozzolo. Filo che verrà poi venduto sulla piazza milanese, per dirigersi anche verso Como, “città della seta”.
Gli strumenti adoperati in questi laboratori “domestici” sono quelli già in uso nel secolo precedente, cioè le bacinelle a fuoco diretto, sistemate nelle corti sotto rudimentali tettoie o riparate da porticati. Anche il Castello Visconteo, in questa fase storica caduto un po’ in disgrazia, offre spazi per questa attività.
Nel 1830 il milanese Felice Lazzati si trasferisce a Legnano, chiedendo alle competenti autorità il permesso per attivare una filanda per la trattura della seta nella casa da questi precedentemente acquistata, nel centro cittadino. La vicenda, analizzata nei suoi vari aspetti, risulta interessante in quanto mostra i problemi di avviamento e le relative soluzioni organizzative che il Lazzati predispone, ma è illuminante anche per l’analisi dell’atteggiamento che la popolazione mostra rispetto a questa novità (in quell’anno sono in funzione poche altre filande e filature di cotone a Legnano) e del comportamento accondiscendente del potere pubblico locale.
Nella relazione che l’ing. Giuseppe Rossetti invia all’I. R. Commissario del Distretto di Busto Arsizio, in data 6 maggio 1830, si legge che sotto il portico a galleria «i fornelli sono dodici. Questo portico ha verso il giardino Magonza cinque finestre semicircolari. […] Superiormente a questa galleria vi sarà la bozzoliera, ossia quivi si conserveranno i bozzoli sui cannicci». Alcuni locali «serviranno alla filanda, cioè per riporre le aspe, la seta, e gli altri oggetti alla stessa attinenti». Si costruirà poi «la stuffa, nella quale si faranno morire le crisalidi nei bozzoli. La mondatura, lavatura, ed asciugamento del filaticcio e delle crisaliere onde separare le crisalidi ancora cinte da seta da quelle interamente liberate» sono operazioni svolte nel giardino (Archivio Storico Comune di Legnano, d’ora in poi Ascl, cartella 30, fascicolo 355/2).
Alle difficoltà dovute all’ubicazione centrale e all’organizzazione spaziale per mettere in opera il modesto impianto, si aggiungono le reiterate proteste per le «fetide ed insalubri esalazioni» esercitate dal vicino farmacista Magonza, che però non sono sostanzialmente prese in considerazione dalle autorità comunali. Dalla Commissarìa Distrettuale di Busto, in data 13 dicembre 1830, perviene una lettera che afferma solamente: «La Delegazione Provinciale ha ritenuto quanto […] affermato in merito alla ispezione fatta dal medico Prada per le fetide esalazioni derivanti da uno scolo della filanda Lazzati, e dietro ordine della stessa Superiorità viene fatto dovere alla Deputazione Comunale di invitare il Sig. Felice Lazzati a rinnovare il succitato scolo immittenza nella roggia del vicolo Meali» (i documenti custoditi nell’archivio storico del Comune sull’argomento sono molteplici; costituirebbero materiale interessante per altri studi o tesi di laurea sulla storia economica della nostra città. Si vedano ad esempio: “Informazioni richieste dalla Commissarìa Distrettuale sulle filande esistenti a Legnano”, 3 dicembre 1839, Ascl, cart. 43, f.237/3; “Notificazioni private nuovi stabilimenti per la filatura cotone e lavorazione bozzoli”, 1838, Ascl, cart. 41, f. 184/3; “Informazioni sul commercio e sull’industria in Legnano, fornite dal Comune alla Camera di Commercio di Milano”, 12 aprile 1838, Ascl, cart. 41, f. 182/3).
Volendo quantificare la consistenza della trattura serica legnanese, possiamo affermare che sul finire degli anni ’30 sono in funzione nel borgo 215 fornelli, mentre si esclude la presenza di «torcitoj». Nel 1838 si ha l’installazione, nella filanda Cornaggia, di due caldaie a vapore «applicate alla filatura de’ bozzoli». In un documento risalente allo stesso anno si legge che tali filande «svolgono quindicimila libbre di seta annue»; la seta prodotta «viene poi smerciata nella Capitale» (“Informazioni richieste dalla Commissarìa Distrettuale sulle filande esistenti a Legnano”, 3 dicembre 1839, Ascl, cart. 43, f.237/3).
La produzione serica a Legnano rimane attorno a questi livelli, interessando un tutto sommato esiguo numero di lavoratori, in massima parte donne, senza mai assumere i tratti di una vera e propria industria. Nel 1843 il numero dei fornelli scende a 168, valore pressoché confermato due anni dopo, quando le filande in funzione sono sei, di cui due a vapore aventi 105 fornelli in totale (“Lettera dei Sigg. Cuttica, Bottelli, Lodini e Crespi alla Delegazione Provinciale di Milano”, 6 febbraio 1843, Archivio di Stato di Milano, Acque, p.m., cart. 543). Quindi nel 1846 le filande esistenti nel territorio del Comune sono sette per complessivi 213 fornelli che occupano, limitatamente al periodo estivo, 237 filatrici (si lavora dalle luci dell’alba al tramonto, per sei giorni la settimana). I proprietari sono Bossi (con 62 filatrici), Bottelli (15), Crespi (6), Lodini (4), Paleari (60), Peregrini (50) e Tanzi (40). Negli ultimi cinque anni hanno invece chiuso i battenti le filande Corbelli, Cuttica, Stabile e Zaffaroni.
Sebbene la trattura serica mostrerà a Legnano, per tutto il secolo XIX, una presenza modesta ma costante, essa non uscirà mai dallo schema di dipendenza diretta dall’attività rurale tradizionale, collocandola così a metà strada fra il settore primario e il secondario. Ad ulteriore conferma di ciò si può ricordare che i proprietari delle filande lo erano anche dei fondi sui quali sorgeva il maggior numero di “moroni”. Non va poi trascurato il fatto che nelle filande sono impiegate quasi esclusivamente donne e minori, più adatti – ritengono i proprietari – alle semplici e ripetitive operazioni della trattura della seta e retribuibili con salari inferiori rispetto agli uomini.
Con il progressivo imporsi dell’industria cotoneria a Legnano, la manifattura della seta cederà il passo a questa produzione ben più redditizia e moderna sotto il profilo produttivo e commerciale. [continua]
Gianni Borsa
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