Vincenzo Rispoli al 41 bis, carcere duro per il boss di Legnano
Inasprito il regime detentivo per il boss cirotano, a processo per omicidio e associazione mafiosa. Avrebbe lanciato messaggi in codice durante i colloqui coi parenti
Per Vincenzo Rispoli (57 anni) è il momento del carcere duro, il famigerato regime del 41 bis riservato ai condannati per mafia e terrorismo. Il boss della ‘ndrangheta di Legnano e Lonate Pozzolo, già in carcere per l’omicidio di Cataldo Aloisio e riarrestato nell’ambito dell’operazione Krimisa del 2019, ha ricevuto la notifica del cambio di misura dai vertici del Dap (che recentemente ha cambiato la guida, in seguito alle polemiche per le scarcerazioni facili causa pandemia, ndr).
Lo conferma il suo avvocato Michele D’Agostino che ha già annunciato l’impugnazione del provvedimento al Tribunale di Sorveglianza di Roma: «Sarà difficile ma ci proveremo. Il mio assistito è stato frainteso». Già, perchè la decisione del dipartimento per l’amministrazione penitenziaria ha deciso sulla scorta della richiesta della Procura di Milano che ha letto le intercettazioni dei colloqui tra Rispoli e alcuni suoi familiari nelle quali sarebbero emersi messaggi in codice per gli affiliati fuori dal carcere.
Rispoli è un osso duro. Non ha mai ceduto nonostante abbia già trascorso una decina d’anni in carcere a seguito del processo Bad Boys. Uscito dal carcere circa un paio d’anni fa, è tornato nuovamente in cella con l’accusa di essere uno degli autori dell’omicidio di un affiliato, Cataldo Aloisio, trovato senza vita nei pressi del cimitero di Legnano a fine settembre 2008.
Dagli anni ’90 il boss originario di Cirò Marina è considerato il capo indiscusso del locale di Legnano-Lonate Pozzolo e il suo potere ha raggiunto l’apice proprio nei primi anni 2000 quando la Lombardia, intesa come “provincia” dell’impero ndranghetistico calabrese, sognava l’autonomia dalla Calabria. A seguito di quel tentativo i cirotani decisero di uccidere il capo secessionista dell’organizzazione in Lombardia, Carmelo Novella (imparentato con Rispoli).
Dopo quell’omicidio iniziarono le indagini della Dda che portarono alla grande operazione Infinito-Crimine che accerse un faro sulla ramificazione della ‘ndrangheta in Lombardia, facendo emergere una ventina di gruppi chiamati “locali” con precise gerarchie, compiti e dotazioni di armi. La regione più ricca d’Italia si svegliò col suono delle sirene e con la consapevolezza di essere diventata terra di mafia.
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