Officina Casona, piacciono i prodotti dei migranti-artigiani
Ad un anno dall’inaugurazione ufficiale, per Officina Casona è tempo di bilanci - Obiettivo del futuro continuare a fare rete e individualizzare la proposta di formazione
Ad un anno dall’inaugurazione ufficiale, per Officina Casona è tempo di bilanci. A settembre 2018 si è concluso anche il secondo ciclo. In tutto sono stati inseriti nel progetto 24 migranti alle prese con lavori manuali, ma soprattutto con l’apprendimento della lingua e di tecniche di socializzazione. Tutti uomini, mandati su indicazione di Fondazione Somaschi e Cooperativa Intrecci, dai 18 ai 35 anni, provenienti da Senegal, Gambia, Ghana, Nigeria, Mali, Pakistan, Guinea e Somalia.
Quattro le aree attivate: falegnameria, ciclomeccanica, sartoria pelletteria e serigrafia, legatoria e ceramica. Laboratori dove gli stranieri sono stati inseriti ognuno a seconda delle proprie capacità ed esigenze. «Nel primo ciclo i ragazzi partivano da un buon livello di inserimento nel tessuto sociale – spiega Andrea Cattaneo, socio fondatore e responsabile della comunicazione –, nel secondo ciclo invece abbiamo dovuto lavorare maggiormente sulla formazione socio-linguistica dei partecipanti».
«Cosa abbiamo portato a casa in questo anno – si chiede Andrea -? Il nostro punto di forza è quello di essere flessibili. Abbiamo lavorato, progettato e speso risorse, realizzando ciò che avevamo in mente. Lavorare in rete per noi è fondamentale come lo sono stati i rapporti con il vicinato. Questo è infatti un negozio di prossimità che va contro il centro commerciale e nel quartiere in primis ci hanno accolto benissimo. Gli anziani dell’Auser sono stati un prezioso contributo. Per noi è fondamentale l’ascolto e per questo la nostra porta è sempre aperta. Siamo in vetrina a lavorare e ci piace poter accogliere le persone offrendogli un caffè».
«Passando dal quartiere alla città – prosegue Andrea -, è stata fondamentale la parte legata ai servizi, in particolare quello della sistemazione e del restauro di biciclette, oltre alle riparazione sartoriale. Se la falegnameria lavora sulla realizzazione di mobili su misura, la legatoria invece ha offerto molti spunti per creare le bomboniere per matrimoni e battesimi. L’aspetto commerciale è stato essenziale per il feedback in termini di qualità del prodotto ed è un modo per renderci indipendenti».
«Per tutti i ragazzi è stato raggiunto l'obiettivo – sottolinea Francesca Zaupa -. Alcuni sono arrivati con competenze già acquisite, altri avevano un livello elementare se non addirittura non scolarizzato nel paese di origine. Per questo il servizio linguistico è servito molto. Un giorno alla settimana, poi, ci fermiamo per parlare di temi che loro ci segnalano: temi pratici, culturali, logistici. Ai corsisti diamo poi una indennità di partecipazione che deve essere vista come supporto allo studio: denaro che arriva dalla vendita dei prodotti».
Officina Casona in questi 12 mesi è crescita molto, non solo dal punto di vista fisico – è stata per esempio insonorizzata la falegnameria -, ma anche dal punto di vista sociale e del personale. A Francesca e Michele, già dipendenti in quanto soci fondatori, si è aggiunto Mohamed e tra poco anche Boubacar, migranti ai quali, dopo un percorso di tirocinio, è stata proposta l’assunzione. «Ci teniamo molto a generare lavoro», commenta Francesca, che ricorda anche il prezioso contributo dei 10 collaboratori, docenti dei corsi artigianali.
QUI LA STORIA DEI DUE RAGAZZI ARRIVATI A LEGNANO NEL 2014.
Officina Casona come affronterà il suo secondo anno? «Quello su cui dobbiamo lavorare è il consolidamento dell'ascolto della domanda – spiega Andrea -, della necessità del territorio e dei singoli ragazzi, modulando un approccio formativo il più performante. Fare maggiormente rete può essere il nostro obiettivo. Vorremmo poi riuscire ad essere il più flessibili possibile diversificando le proposte». A breve inizierà quindi un nuovo ciclo di formazione che vedrà all'interno dei locali di via Montello 7 ragazzi, mentre i restanti corsi saranno svolti all'interno del carcere a detenuti stranieri. «Vogliamo continuare a raccontare un modello positivo e far in modo che la nostra attività abbia più risonanza possibile», concludono i soci di Officina Casona.
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