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“Il divieto delle bici in centro porta un maggior inquinamento”

19 Novembre 2017

(m. tajè) – Franco Metta da giorni si è lanciato con una sua personale "crociata" contro il divieto imposto dall'amministrazione comunale al transito delle biciclette nella ZTL del centro. Oggi, ci segnala alcune sue considerazioni… originali circa le possibili conseguenze ambientali dell'ordinanza natalizia. Da parte resta, rileviamo solo che, se i ciclisti prendono la ZTL per sprintare come fossero all'arrivo della Coppa Bernocchi, il divieto è giustificato. Tutto il resto è aria fritta… o inquinata?


Desidero dimostrare dialetticamente il collegamento che c’è tra il divieto alla circolazione delle bici (seppur provvisoriamente introdotto nel centro di Legnano) e il maggiore inquinamento atmosferico.

Come tutti sappiamo la bici è un veicolo ecologico. Il suo utilizzo non comporta il rilascio di sostanze tossiche e nocive per la salute (PM10, PM2,5, CO, Benzene, ecc. ecc.). Per questo motivo il suo utilizzo nelle città dovrebbe essere incentivato il più possibile non solo con la creazione di piste ciclabili, con il loro mantenimento, ma anche con un'adeguata attività formativa e informativa. Non interessano a nessuno piste ciclabili vuote o per giunta senza manutenzione. L’obiettivo è quello di popolarle, di renderle vive, con numeri di partecipazione ben al di là di quelli attuali (almeno 10 volte tanto). Perché è fondamentale l’attività persuasiva? Perché le ultime generazioni, sono nate con il telecomando in mano, hanno vissuto e vivono molto del loro tempo seduti sul divano a guardare la televisione e adesso lo smartphone (a proposito è in uscita in questi giorni, 23 novembre,  il film “Gli sdraiati” tratto dall’omonimo romanzo di Michele Serra).

Questa premessa per fa capire che è a dir poco urgente convincere i cittadini quanto sia importante utilizzare la bicicletta non solo per andare a divertirsi o ad allenarsi ma anche negli spostamenti di mobilità quotidiana.

Detto questo veniamo alla relazione che il ciclista ha con la strada e con il resto dei cittadini pedoni. Il ciclista deve conoscere e rispettare il codice della strada (anche se non vi è attualmente l’obbligo di legge di conseguire una patente). Non solo deve conoscere il significato dei cartelli stradali ma anche il modo di comportarsi in particolari circostanze.

Da questo atteggiamento deriva la cosiddetta “convivenza” tra ciclisti e pedoni, imprescindibile in una società civile. Un ciclista, per esempio all’interno di un parco o di una piazza, deve fare attenzione ai pedoni e non deve creare situazioni di intralcio e di pericolo. Sono regole da tenere sempre a mente quando si pedala perché valgono in qualsiasi luogo.

Capirete dunque l’importanza della fase formativa e informativa e il rispetto delle regole di comportamento che spesso non sono state fatte osservare come si doveva. Il rapporto di convivenza tra ciclista e pedone è  “delicato e fragile” e va nutrito ogni giorno con insegnamenti e pro memoria.

Ebbene. Se adesso, di colpo, con un divieto di transito si impone l’altolà alle biciclette (con la scusa che le biciclette sono ritenute pericolose) si va a minare quel rapporto di “convivenza”, si commette un errore culturale. Invece che provare a far convivere i due mondi li si va a separare di netto a scapito di tutto il lavoro che si è fatto e di quello che ancora si deve fare per promuovere l’utilizzo della bicicletta. Sì, perché quello che per assurdo oggi viene imposto in una sola zona, nella mente (o se preferite nell'inconscio) delle persone (pedoni e ciclisti) viene traslato anche all’esterno di quella zona, con il risultato che la convivenza rischia di essere compromessa del tutto. I ciclisti saranno sempre più malvisti dai pedoni e tenderanno a limitare al massimo i loro spostamenti con quel mezzo perché non graditi dai pedoni. 

Risultato. Ci saranno meno ciclisti sulle piste ciclabili, e quindi più automobili sulle strade, più inquinamento. L’esatto opposto di quello che ci siamo prefissi all’inizio e che desideriamo raggiungere. Ecco dunque come un divieto che all’apparenza può sembrare piccolo e limitato genera invece una cultura sbagliata e nociva per t

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